Elkann in audizione al Parlamento, cosa succede al gruppo Stellantis. I dati della crisi
Economia
Il presidente del colosso automobilistico arriva domani 19 marzo davanti alle Commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato per discutere dei progetti e delle prospettive occupazionali per il Paese, nell'ambito di un quadro sempre più difficile. I ricavi e gli utili netti sono in picchiata, la domanda si contrae, i dazi Usa spaventano
John Elkann sta per arrivare in Parlamento: l’audizione del presidente di Stellantis alla Camera, davanti alle Commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato, è prevista per mercoledì 19 marzo a partire dalle 14:30. L’appuntamento è atteso da tempo. Nel mezzo della crisi sempre più pesante del settore dell’automotive e dopo le dimissioni dell’ad Carlos Tavares, Elkann ha rifiutato più volte l’invito di parlare a Roma. Poi, alla fine dello scorso gennaio, Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive di Montecitorio, aveva confermato la disponibilità di Elkann a presentare "un quadro esaustivo delle attività di Stellantis in Italia". Si parlerà dunque dei progetti e delle prospettive occupazionali per il Paese del gruppo (da poco è stato lanciato un nuovo piano di organizzazione territoriale). Elkann, figlio di Margherita Agnelli e Alain Elkann, ne è il primo azionista (con il 15%), tramite la finanziaria olandese Exor, holding del Gruppo Agnelli da lui fondata nel 2009. In Parlamento non si presenta però nelle vesti di azionista, ma in quelle di amministratore delegato ad interim. Fanno parte di Stellantis, tra gli altri, Fiat, Maserati, Alfa Romeo, Jeep, Dodge, Chrysler e Peugeot.
Stellantis, i numeri della crisi
Per Stellantis, nato nel 2021 dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e Groupe PSA, il 2024 "non è stato un anno di cui si può essere orgogliosi", come sottolineato dallo stesso Elkann. I ricavi netti si sono fermati a quota 156,9 miliardi di euro, il 17% in meno del 2023, con consegne in picchiata del 12% a livello globale. Crollato anche l'utile netto: è sceso del 70%, a 5,5 miliardi di euro. A soffrire all’interno del gruppo è stata in particolare Maserati, unico brand di lusso, che ha registrato una flessione dei ricavi del 55,5% a 1,04 miliardi di euro (da 2,335 miliardi nel 2023), con il 57,5% in meno di vetture consegnate rispetto all'anno precedente. I primi mesi del 2025 per Stellantis non sembrano andare in controtendenza: le immatricolazioni del gruppo sono 83.476, in calo del 15% sullo stesso periodo di un anno fa. La quota di mercato è scesa dal 33,9% al 30,7%. Il 6 marzo l’agenzia di rating S&P ha declassato il gruppo da BBB+ a BBB per prospettive sui margini deboli, seppur con outlook stabile, soprattutto per la forte contrazione del mercato nordamericano.
Le difficoltà dell'automotive
Le difficoltà di Stellantis si inseriscono nel più ampio quadro della crisi di tutto il comparto dell’automobile, stretto fra una domanda costantemente in calo, le nuove regole europee sull’inquinamento e la concorrenza cinese, forte soprattutto sull’elettrico, che continua a peggiorare la situazione. A cui adesso vanno aggiunte le pressioni legate alla politica dei dazi del presidente statunitense Donald Trump.

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Elkann e il dopo-Tavares
Elkann guarda comunque al 2025 con fiducia. "Le nostre priorità sono crescita, execution e redditività, vogliamo che i profitti crescano e che poi si trasformino anche in cash", spiegava poche settimane fa agli stakeholders. Per questo, per il dopo Tavares si guarda a "un leader che capisca di finanza e di tecnologia e che sappia lavorare in modo unitario con gli azionisti e con gli stakeholders".
Stellantis e il Piano Italia
Elkann ha presentato al governo il Piano Italia di Stellantis alla fine dello scorso anno. Prevede 2 miliardi di euro per gli stabilimenti e 6 miliardi in acquisti da fornitori italiani, mettendo al centro delle strategie il Paese e la città di Torino, con l'impegno a non chiudere fabbriche e a non licenziare lavoratori. Lo ha riconosciuto anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che all'ultimo tavolo automotive ha parlato di "un significativo cambio di rotta" di cui sono evidenti segnali la nuova produzione dei cambi per le auto ibride a Termoli e l'anticipo a novembre 2025 dell'avvio della produzione della 500 ibrida a Mirafiori. Sempre a Torino sono state spostate la sede di Stellantis Europa e quella dell'unità Pro One dei veicoli commerciali, mentre nel 2027 riaprirà la storica Palazzina degli uffici. Sono stati assunti anche cento giovani ingegneri. Mancano, però, ancora tasselli importanti a partire dal rilancio della Maserati e dal progetto della gigafactory di Termoli ancora sospeso.
I sindacati
Se sulla crisi i numeri non sono opinabili, i sindacati da tempo mettono in luce come chi sta davvero pagando le difficoltà di Stellantis siano solamente i lavoratori e non di certo i suoi vertici. "Pagano i dividendi mentre i lavoratori italiani sono da più di dieci anni in cassa integrazione perché non ci sono investimenti in ricerca sviluppo e produzione. Le scelte compiute negli anni dall'amministratore delegato Tavares e condivise dalla proprietà di Stellantis sono state fallimentari e il conto lo paghiamo noi come lavoratori e Paese", sintetizza ad esempio Michele De Palma, segretario generale della Fiom. Il numero uno della Fim Ferdinando Uliano ribadisce "la contrarietà a chiusura di stabilimenti o a ridimensionamenti occupazionali unilaterali".
Elkann, Meta e Vento
Intanto, di recente Elkann è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Meta ed è diventato presidente di Vento, il fondo privato di venture capital di Exor Ventures, con cui ha lanciato un fondo da 75 milioni per i prossimi cinque anni a sostegno degli imprenditori italiani più promettenti a livello mondiale. Il fondo è il nuovo veicolo di investimento gestito dal team che organizza anche l’Italian Tech Week. L'obiettivo è realizzare 375 investimenti in cinque anni.
