Concordato preventivo, dalle scadenze alla flat tax, tutto quello che cambia
Economia
Introduzione
Il 13 marzo è arrivato il via libera dal Cdm alla proroga dal 31 luglio al 30 settembre dell'adesione al concordato preventivo, escludendo chi adotta il regime forfetario. Non solo. Viene rivisto il sistema di calcolo delle imposte dovute e si interviene sulle cause di decadenza dal patto con il Fisco, sulle società e sui soci, fornendo una norma di interpretazione autentica e dunque valida anche retroattivamente. Inoltre, cambiano anche le modalità di calcolo delle imposte dovute.
Nel 2024 la misura ha coinvolto meno contribuenti di quanti ci si potesse aspettare: solo 600mila. Da qui la decisione di alcuni aggiustamenti. Ecco cosa sapere
Quello che devi sapere
Che cos'è il concordato preventivo?
- Il concordato preventivo è una proposta che il Fisco fa al contribuente: in cambio di una determinata percentuale di reddito da versare in tasse, se si accetta, si ha il vantaggio di avere meno controlli e anche vantaggi fiscali. Si tratta di un strumento utile soprattutto ai professionisti certi di guadagnare più di quanto previsto dal Fisco negli anni successivi e alle partite Iva che volevano far emergere legalmente i redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2022
Per approfondire:
I numeri della prima edizione
- La prima edizione del concordato preventivo si è chiusa con meno di 600mila adesioni nonostante la seconda “finestra” concessa a fine 2024. Il "flop"ha riguardato in particolare le partite Iva in regime forfetario, cioè quelle che applicano la flat tax: solo poco più di 100mila hanno detto sì alla proposta dell’Agenzia delle Entrate sul reddito da dichiarare e le tasse da pagare (nel loro caso valeva solo per un anno, ndr). Dopo la sperimentazione, verranno quindi escluse dalle prossime edizioni.
- A ottobre 2024, inoltre, quattro associazioni nazionali di commercialisti avevano scioperato contro il rifiuto di concedere una proroga del primo termine fissato al 31 ottobre 2024 nonostante le tante modifiche arrivate in corsa. Due settimane dopo, viste le poche adesioni, è arrivata la decisione di concedere un bis, che però non ha avuto l’effetto sperato
Le novità
- Come detto, il concordato ha debuttato nel 2024, ma ora affronta già una prima modifica al suo impianto, soprattutto per provare a invogliare gli oltre 2,5 milioni di partite Iva soggette alle pagelle fiscali che fino ad oggi non hanno aderito al patto con il Fisco. Il nuovo decreto correttivo della riforma fiscale, approvato in Consiglio dei ministri, introduce alcune modifiche a partire dalla platea dei soggetti interessati:
- esclude tutte le Partite Iva in regime forfetario,
- rivede poi il sistema di calcolo delle imposte dovute,
- concede più tempo per le adesioni e
- interviene sulle cause di decadenza dal patto con il Fisco, sulle società e sui soci, fornendo una norma di interpretazione autentica e dunque valida anche retroattivamente.
Cambiano i tempi e i destinatari
- Per il 2025, innanzitutto, è prevista una novità per quanto riguarda i termini di adesione: il concordato viene prorogato al 30 settembre, concedendo più tempo a partite Iva e intermediari rispetto all’iniziale data del 31 luglio 2025 per valutarne la convenienza.
- Come detto, poi, per l’edizione 2025-2026, le partite Iva forfetarie saranno escluse dal concordato preventivo. Come si legge nella relazione illustrativa, “tenuto conto delle istanze pervenute dalle associazioni di categoria, in considerazione della sperimentalità normativamente prevista per l’applicazione del concordato preventivo biennale ai contribuenti in regime forfetario e considerato il numero di tali soggetti che hanno aderito al concordato preventivo biennale nel corso del 2024, la disposizione abroga, con effetto dal 1° gennaio 2025, l’istituto del concordato preventivo biennale per i contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”
Cambiano anche le modalità di calcolo
- Cambiano anche le modalità di calcolo delle imposte dovute da coloro che decidono di aderire al concordato. L’imposta sostitutiva aumenta nel caso in cui la differenza tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d’imposta precedente superi gli 85 mila euro. Sulla parte eccedente il contribuente dovrà applicare le aliquote marginali Irpef (43%) in caso di persona fisica o l’aliquota del 24% nel caso si tratti di una società di capitali.
Per approfondire:
Dal Cdm via al riordino delle accise, diesel più caro e scende la benzina