Effetto dazi, Usa a rischio recessione?
EconomiaPartono oggi le tariffe cinesi sui prodotti di importazione statunitense in risposta ai dazi imposti dall’amministrazione americana. Quali effetti avrà lo scontro commerciale sulla stessa economia a stelle e strisce?
Una recessione degli Stati Uniti è possibile nei prossimi mesi? In una intervista rilasciata nelle ultime ore a Fox News il presidente Usa ha parlato di un prevedibile “periodo di transizione” dell’economia. Trump non ha escluso che le tariffe potrebbero aumentare e ha dichiarato: “Quello che stiamo realizzando ha una portata enorme: stiamo riportando ricchezza in America e per fare questo ci vuole tempo”.
Si inizia a parlare di "Trumpcession"
Nelle ultime ore nelle sale operative degli operatori di mercato e tra gli economisti è iniziata a circolare una nuova espressione: “Trumpcession”. Una parola che indicherebbe proprio l’arrivo imminente di una recessione negli Stati Uniti. A rilanciare questa possibilità è stata la Fed di Atlanta, una delle banche di riferimento del sistema finanziario statunitense, che nelle sue proiezioni sul Pil ha previsto un calo dell’attività economica nel primo trimestre nell’ordine del 2,8%. Va detto che il GDPNow, l’indicatore economico della Fed di Atlanta che ha stimato il fortissimo calo del Pil, è estremamente volatile ma tanto è bastato ad allarmare la comunità finanziaria in questa fase di surriscaldamento della guerra commerciale internazionale.

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I segnali del mercato del lavoro
Quanto è attendile la previsione della Fed di Atlanta e che conseguenze avrà sui tassi di interesse e sui mercati finanziari? Partiamo dallo stato di salute del mercato del lavoro americano. I dati pubblicati pochi giorni fa mostrano una sostanziale tenuta, ma anche cambiamenti di tendenza in corso: a febbraio sono stati creati 151.000 nuovi posti, al di sotto delle attese e il tasso di disoccupazione è leggermente salito al 4,1%. Sono state ridotte le buste paga del governo federale di 6.700 unità - in seguito ai tagli che l’amministrazione repubblicana sta apportando allo scopo di tagliare le spese che incidono sul bilancio pubblico – ma sono aumentate quelle relative a comparti come il manifatturiero e dei trasporti.

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Meno Trump, più Europa
I dati che descrivono febbraio, gli ultimi in ordine di tempo, sono importanti ma non contengono ancora a pieno la portata delle azioni di Trump. Più interessante è il cosiddetto tasso di sotto-occupazione U-6: un indicatore che – meglio del più noto tasso di disoccupazione - riesce a misurare anche la forza lavoro che il sistema produttivo non riesce ad impiegare. Per intenderci, riguarda chi ha un lavoro part-time non per scelta ma perché non riesce a trovare una occupazione a tempo pieno e riguarda anche chi non cerca più una occupazione perché è magari troppo scoraggiato. Ecco, l’indicatore U-6 è balzato a febbraio all’8% dal 7,5% e secondo gli esperti di Cfo Sim potrebbe essere un indicatore chiave di una partecipazione alla forza lavoro più bassa nei mesi a venire.
Il parere dell'esperto
“Forse non vedremo una vera e propria recessione dell’economia Usa, ma prevediamo un forte rallentamento dell’attività economica", ci dice Antonio Tognoli, responsabile Macro Economia di Corporate Family Office - Cfo Sim. “Questo avrà conseguenze anche su Wall Street perché ne risentiranno le imprese quotate: l’economia crescerà meno, le stime sugli utili attesi scenderanno e le valutazioni dei titoli quotati pure. E poi, dovremo vedere cosa farà la Federal Reserve. Pensiamo che, seppure resti l’incognita di quale sarà l’andamento dell’inflazione, Jerome Powell sarà pronto a sostenere l’economia con un numero maggiore di tagli dei tassi d’interesse”.
Deficit commerciale
E per quanto riguarda la bilancia commerciale? Trump, nell’alzare i dazi – seppure tra stop and go - in queste ultime settimane ne ha più volte ribadito lo squilibrio. Il dato di gennaio è stato una ennesima conferma: il deficit commerciale degli Stati Uniti ha raggiunto a inizio 2025 il livello più alto dal 1992. Arriva anche da lì la decisione Usa di applicare tariffe più onerose sui beni di importazione da Messico, Canada e Cina. L’obiettivo di Trump è chiaro, lui vuole una “America great again”. Come? Riequilibrando la bilancia commerciale e riducendo - solo parzialmente - il debito. Lo sta facendo attraverso maggiori incassi derivanti dai dazi - che al momento interessano il 44% dell’import totale – minori spese per la difesa e un taglio alle spese federali che per lui sta praticando Elon Musk. Per arrivare all’obiettivo gli Stati Uniti vivranno quella che il presidente Usa ha definito una “fase di transizione”. Difficile prevedere se si concretizzerà in una vera e propria recessione, è più probabile - stando alle stime degli esperti – che si tratti di una fase di forte debolezza dell’economia.