Debito pubblico italiano, superati i 3mila miliardi. Le conseguenze per l'economia
EconomiaIntroduzione
Per la prima volta, il debito pubblico italiano supera la soglia psicologica dei 3.000 miliardi. Non salgono però i timori dei mercati, delle istituzioni e del governo che rivolgono l’attenzione soprattutto al suo andamento e alla politica di disciplina di bilancio, riconosciuta anche da uno spread che si mantiene sui livelli del 2021. Il valore (3.005,2 miliardi), come naturale, risulta impressionante ed è comunque superiore al Pil, consolidando il nostro Paese nella fascia alta della classifica dei Paesi a maggior debito. Una montagna che è costata all’Italia 78 miliardi di euro di interessi nel 2023 (per fortuna in diminuzione anche nei prossimi anni) e che riduce - come lamentano tutti i ministri dell'economia fra cui anche l'attuale, Giancarlo Giorgetti - lo spazio di manovra nel varare politiche di riduzione del debito e della crescita economica.
Quello che devi sapere
Giorgetti: “L’Italia fra i pochi con piano di rientro del debito"
- "Quello che ci conforta - ha sottolineato il ministro Giorgetti all’agenzia Ansa - è che l'Italia è uno dei pochi Paesi che ha fatto tempestivamente un piano strutturale di rientro del debito che è stato accettato e condiviso dall'Ue, ci conforta che siamo sulla strada giusta. Negli anni in cui si sono formati tutti questi debiti avremmo probabilmente dovuto fare lo stesso lavoro".
Per approfondire: Btp Italia e Valore, le novità e i piani del ministero dell'Economia per il 2025
La contestualizzazione di Banca d’Italia
- Come sottolinea la Banca d’Italia in una nota, l’incremento (pari a 23,9 miliardi in più a novembre, rispetto a ottobre) “riflette quello delle disponibilità liquide del Tesoro (20,9 miliardi) e il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (3,2 miliardi)”. Il valore dei 3.000 miliardi, se rapportato ai cittadini, si traduce in 51mila euro di debito a testa. Ciò detto: "Dal punto di vista economico ciò che rileva per valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche di un Paese non è tanto il debito pubblico in termini nominali, quanto il suo andamento in relazione alla capacità del Paese di fare fronte a esso". La banca centrale quindi argomenta che "il debito pubblico in termini nominali presenta variazioni del suo valore da un mese all'altro solitamente al rialzo nel corso dell'anno; le riduzioni sono più rare, di solito in mesi dove si concentrano le principali scadenze tributarie". E così Bankitalia invita a "contestualizzare" il valore e a guardare a un orizzonte maggiore
L’andamento del debito nel post pandemia
- L’istituto prende a esempio il percorso del debito italiano nel post pandemia: nel triennio post-pandemico 2021-23 il debito nominale è aumentato di quasi 292 miliardi, da 2.678 miliardi a 2.868 miliardi, ma "in rapporto al Pil è sceso di oltre 19 punti percentuali" da 154,3% al 134,8". Valore che, almeno secondo le stime del Mef, dovrebbe andare al 135,8 nel 2024 e del 135,9 nel 2025 con un calo dell'indebitamento netto
Come si spiega l’ultimo dato
- Sul dato di novembre ci sono poi degli elementi specifici. In particolare le disponibilità liquide del Tesoro, come accennato, che sono salite di 20,9 miliardi, a 63,9. Un elemento senza il quale il debito sarebbe diminuito. Vi sono poi i numeri delle entrate fiscali: lo scorso novembre quelle contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 51,7 miliardi, in diminuzione dello 0,1 per cento (0,1 miliardi) rispetto al corrispondente mese del 2023
La crescita
- "Nei primi undici mesi dell'anno scorso le entrate tributarie sono state pari a 504,3 miliardi, in aumento del 5,0 per cento (24,2 miliardi) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente". Oltre al controllo della spesa e una politica favorevole ai mercati quindi, la vera sfida è quella della crescita. Senza di essa, sottolineano da sempre gli economisti e gli osservatori più attenti, qualsiasi debito non è sostenibile. Per il 2024 le stime Istat indicano un aumento del Pil dello 0,5%, con deficit inferiore alle precedenti stime, e, per il 2025, allo 0,8%
I ritardi nell’attuazione del Pnrr sono rischiosi
- E a proposito di crescita, secondo la Commissione europea è messa a rischio dai ritardi nell’attuazione del Pnrr, i cui “finanziamenti possono colmare le lacune" nelle politiche di bilancio dell'Italia. Lo ha spiegato una scheda dedicata all'Italia allegata a uno studio sull'andamento dell'industria manifatturiera a zero emissioni nei Paesi membri appena pubblicato. L'Italia "fa grande affidamento sui finanziamenti pubblici per sostenere" la crescita, "ma con l'aumento del debito pubblico lo spazio" fiscale "è limitato", si evidenzia
Gli economisti prevedono una crescita più debole
- Gli economisti che a breve si riuniranno al Forum economico mondiale di Davos, intanto, prevedono una crescita più debole del previsto nel 2025, con l'Europa particolarmente colpita e più ottimismo per gli Usa, ma "temperato da preoccupazioni per il debito in ascesa e l'inflazione". Il 56% dei principali capi economisti si aspetta condizioni economiche più deboli rispetto al 2024, contro solo il 17% che prevede un miglioramento. Gli Usa vedranno "un boom di breve termine", l'Europa "per il terzo anno consecutivo è l'area più debole" e "la spinta della Cina è attesa in rallentamento".
Per approfondire: Pil Italia, il rapporto dell'Onu: "Nel 2025 sale a +0,7%". I dati