Manovra 2025, previsto un taglio da 4,6 miliardi di euro al Fondo Auto: cosa cambia
EconomiaIntroduzione
La legge di Bilancio per il 2025, recentemente varata dal governo Meloni e attualmente al vaglio del Parlamento, prevede al suo interno un taglio di 4,55 miliardi di euro al Fondo Automotive. Si tratta dello strumento varato nel 2022 dal governo guidato da Mario Draghi a sostegno degli incentivi alla domanda e per la riconversione della filiera.
La riduzione è considerevole, visto che i 5,8 miliardi ancora disponibili degli 8,7 stanziati fino al 2030 si ridurrebbero a 1,2 miliardi, dunque solamente 200 milioni all'anno. La decisione ha scatenato feroci polemiche da parte delle imprese, che hanno parlato di “inaccettabile fulmine a ciel sereno”, e anche da parte dei sindacati, che hanno reclamato un incontro a Palazzo Chigi.
Quello che devi sapere
Il taglio al Fondo Automotive
- Nel dettaglio, come riportato dal Corriere della Sera, la Manovra definanzia 9,4 miliardi di euro dai precedenti programmi di spesa. E tra questi, come detto, c’è anche il Fondo Automotive: il fondo è destinato ad agevolare anche con gli incentivi la transizione verso le auto elettriche. Originariamente il piano prevedeva un miliardo di euro all’anno fino al 2030, mentre adesso nel 2025 resteranno 450 milioni che scenderanno poi a 200 all’anno. Così lo Stato risparmierà 3,7 miliardi nei prossimi cinque anni, 4,55 miliardi in totale fino al 2030.
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Anfia: “Inaccettabile fulmine a ciel sereno”
- "Il taglio previsto dal Disegno di Legge di Bilancio alle già scarse risorse stanziate nel 2020 è un'inaccettabile fulmine a ciel sereno che contraddice in modo clamoroso l'importante attività che il governo sta svolgendo in Europa a favore del settore per migliorare la regolamentazione, e annulla mesi di intenso lavoro del Tavolo Sviluppo Automotive, che hanno portato Anfia, parti sociali e Regioni a proporre al governo un piano d'azione per supportare la filiera”, ha detto Anfia, l’Associaziona nazionale filiera industria automobilistica
Anfia chiede riduzione taglio
- L’Anfia ha auspicato "di vedere fortemente ridotto il taglio nell'iter di approvazione della manovra in Parlamento. In caso contrario, questo tragico ridimensionamento delle risorse, segnerebbe una profonda frattura nella fin qui ottima collaborazione tra la filiera e il governo". Per l’associazione “l’automotive è il principale settore manifatturiero italiano, conta oltre 270.000 addetti diretti, ha un fatturato di oltre 100 miliardi di euro ed è l'unico a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni. Inoltre, come ben noto a tutte le istituzioni, le aziende italiane oltre alle sfide del Green Deal, stanno anche affrontando una conclamata crisi industriale a livello nazionale, che, unita al forte calo dei volumi di mercato a livello europeo, sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di un'eccellenza italiana"
Sindacati: “Ignorato intero settore”
- La protesta è arrivata anche dalle sigle sindacali: per Fim, Fiom e Uilm “si ignora un intero settore e le richieste di oltre 20 mila lavoratori che il 18 ottobre hanno partecipato allo sciopero nazionale e alla manifestazione di Roma. Questa mobilitazione, anziché trovare ascolto, è stata seguita da un provvedimento che va nella direzione opposta”
Urso: “Garantiremo strumenti per transizione”
- Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso aveva detto: “Siamo impegnati a garantire che la filiera dell'automotive abbia gli strumenti necessari per affrontare la sfida della transizione. Tutte le risorse andranno sul fronte degli investimenti produttivi con particolare attenzione alla componentistica che è la vera forza del Made in Italy"
Faraone: “Scelta illogica e autolesionista”
- Sul caso è intervenuto anche Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera: “Anche se ben nascosta, si è scoperto che nella legge di Bilancio c'è una sforbiciata dei ben 4,6 miliardi per le risorse destinate all'automotive. Peccato che ancora ieri il ministro Urso ribadiva il suo impegno 'a garantire che la filiera dell'automotive abbia gli strumenti necessari per affrontare la sfida della transizione'. Che è successo agli impegni solennemente annunciati poche ore fa per l'automotive? Il sospetto è di trovarci davanti a un caso di vero e proprio record nel tradimento di una promessa. La profonda crisi Volkswagen, immediatamente successiva allo stop degli incentivi in Germania, dimostra quando sia importante in questo momento una strategia industriale che incentivi la vendita e quindi la produzione delle auto in Europa. Si rischia il crollo di una tradizione e di una leadership industriale europea. Per questo la scelta del governo Meloni è ancora più illogica e autolesionista"
La posizione degli industriali
- Intanto, mentre si è aperto questo nuovo fronte sulla Manovra, continua da parte di Confindustria il pressing sul governo per ottenere un piano di investimenti di lungo respiro e incentivi alla produzione. Il 5 novembre i sindacati sono convocati a Palazzo Chigi, presente la premier Giorgia Meloni. Il 13 novembre toccherà invece alle associazioni d'impresa. Gli industriali senza attendere hanno già messo le diplomazie al lavoro e anche fatto trasparire un po' di delusione: "Stiamo interloquendo, ho ricevuto una telefonata di Giorgetti, continuiamo a sentirci" ha detto il leader Emanuele Orsini all'assemblea degli industriali di Torino
Gli altri fronti aperti
- Orsini ha spiegato che “abbiamo fatto delle proposte che guardano tutte alla crescita e agli investimenti, vogliamo che il Paese sia attrattivo e che i nostri imprenditori continuino a investire. Stiamo premendo per interventi come l'Ires premiale". Tra le richieste di Confindustria ci sono anche il rifinanziamento dei contratti di sviluppo, il piano casa, la semplificazione dell'accesso ai fondi di Industria 5.0 previsti nel Pnrr. Gli occhi della politica sono anche puntati al Concordato Preventivo: il termine per l'adesione scade il 31 ottobre e dal dato dipendono risorse da usare per altri interventi. Lo dice chiaramente Antonio Tajani. "La manovra va nella direzione di sostenere l'economia reale e i ceti medi, soprattutto per quanto riguarda la conferma del taglio del cuneo fiscale e altre scelte che abbiamo fatto”.
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