Ddl carburanti, i benzinai minacciano lo sciopero contro la riforma Urso: cosa prevede

Economia
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Introduzione

Slitta ancora l’approvazione del disegno di legge sulla rete di distribuzione dei carburanti, con le organizzazioni dei gestori che hanno evocato lo stop di tutti gli impianti e manifestazioni contro quella che definiscono "la più incauta e peggior riforma da quando in questo Paese sono cominciati i rifornimento ai veicoli".

 

Nella bozza del testo, che punta a regolare i rapporti dei punti vendita con le aziende petrolifere e a incoraggiare la riconversione verso la mobilità green, sono previsti ad esempio incentivi fino a 60mila euro per coprire il 50% delle spese per le colonnine di ricarica e un Fondo per la trasformazione della rete carburanti verso la mobilità elettrica, con una dotazione di 47 milioni di euro l'anno per il 2025, il 2026 e il 2027.

 

Per Unem (l’Unione energie per la mobilità), associazione delle aziende del settore petrolifero, il testo è "un passo importante per la razionalizzazione della rete". Un provvedimento che ci "distrugge", dicono invece Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, "per premiare le compagnie petrolifere" con una precarizzazione dei contratti tra queste e i gestori. Prossimo appuntamento il 10 settembre al Mimit.

Quello che devi sapere

Il ddl bloccato

  • Ancora niente da fare per l’approvazione del disegno di legge sulla rete di distribuzione dei carburanti - la cosiddetta "riforma Urso" - arrivato all'esame del Consiglio dei ministri dopo oltre un anno di confronto con gli operatori del settore al ministero delle Imprese e del made in Italy e bloccato nuovamente dalla contrarietà dei benzinai. Le organizzazioni dei gestori hanno minacciato lo stop di tutti gli impianti e manifestazioni contro quella che definiscono "la più incauta e peggior riforma da quando in questo Paese sono cominciati i rifornimento ai veicoli". Le associazioni di categoria sono state convocate al Mimit martedì 10 settembre per discutere della riforma: al tavolo, secondo quanto si apprende, saranno presenti il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il sottosegretario Massimo Bitonci, oltre a rappresentanti del Mase

Per approfondire:

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Gli incentivi in chiave green

  • Il disegno di legge mira, in generale, a qualificare i punti vendita, a regolare i loro rapporti con le aziende petrolifere e ad accompagnare la riconversione verso la mobilità verde. Una bozza prevede incentivi fino a 60mila euro per coprire il 50% delle spese per le colonnine di ricarica e un Fondo per la trasformazione della rete carburanti verso la mobilità elettrica, con una dotazione di 47 milioni di euro l'anno per il 2025, il 2026 e il 2027. Per i nuovi impianti, dal primo gennaio 2025, sarebbe necessario prevedere la distribuzione di "almeno un altro vettore energetico alternativo ai combustibili fossili", come i biocombustibili o le colonnine elettriche, altrimenti non saranno rilasciate autorizzazioni. Al cessare di questo requisito decadrebbero anche i permessi, così come in caso di gravi inadempienze degli obblighi di legge

Autorizzazioni più stringenti

  • Una stretta alle autorizzazioni riguarderebbe anche la richiesta di dimostrare "capacità tecnico-organizzativa ed economica necessaria a garantire la continuità e la regolarità nell'espletamento del servizio", l'insussistenza di condanne con sentenza definitiva e il rispetto della legislazione in materia contributiva, con il documento unico di regolarità contributiva (Durc). Verifiche approfondirebbero anche la documentazione antimafia

I pareri positivi e l’obiettivo razionalizzazione

  • Per Unem (l’Unione energie per la mobilità), associazione delle aziende del settore petrolifero, il testo è "un passo importante per la razionalizzazione della rete", e anche l'associazione dei consumatori Assoutenti esprime soddisfazione. D’altronde la stessa Unem nel 2022 (ultimi dati disponibili) segnalava una rete troppo estesa con 22.187 distributori di carburanti in Italia contro i 14.069 della Germania, gli 11.734 della Spagna e i 10.609 della Francia. "Oggi circa il 20% dei punti vendita eroga meno di 400.000 litri/anno con ricavi lordi per il gestore stimati tra i 15mila e i 30mila euro/anno, e solo il 5% ha erogati superiori a 3,5 milioni di litri, che è il valore medio distribuito da Paesi come Germania, Francia e Regno Unito con meno della metà dei nostri impianti", ha spiegato a luglio Gianni Murano, presidente dell’Unem, nel corso dell’assemblea dell’associazione. Un quadro, ha aggiunto, che favorisce "fenomeni di illegalità, generando al contempo una concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori, come peraltro si legge nelle recenti conclusioni dell’indagine conoscitiva sui fenomeni di evasione dell’Iva e delle accise nel settore della distribuzione dei carburanti condotta dalla Commissione Finanze della Camera". Secondo l’Unem bisognerebbe chiudere almeno il 15% degli impianti attualmente in funzione 

La rabbia dei sindacati

  • Un testo che ci "distrugge", dicono invece Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, "per premiare le compagnie petrolifere" con una precarizzazione dei contratti tra queste e i gestori: avrebbero durata di 5 anni ma potrebbero essere disdetti con 90 giorni di preavviso. La riforma "non prevede la chiusura di 7-8mila impianti" quando una "razionalizzazione è necessaria" perché "il mercato è saturo", spiega la Fegica, sottolineando che ci sono 5.000 impianti che erogano appena 400mila litri di carburante

"Regole per tutti contro l’illegalità"

  • Secondo Fegica "le nuove regole più stringenti, poi, si applicherebbero solo ai nuovi e non ai vecchi impianti" ma invece "servono regole nuove per tutti", per razionalizzare e anche per "combattere la criminalità organizzata" presente nel settore. Secondo i dati di Fegica, l'illegalità sottrae allo Stato 13-15 miliardi di euro l'anno e la vendita clandestina del carburante raggiungerebbe il 30%

L’allarme sugli incentivi green: "Una bomba ecologica"

  • Altro punto critico del ddl carburanti, dice il sindacato, riguarda la transizione ecologica perché le colonnine elettriche verrebbero "impiegate solo sui nuovi impianti e non sulla rete esistente" mentre le vecchie stazioni di servizio andrebbero "rafforzate proprio con l'elettrico e altre alternative", e chi chiuderà un impianto di distribuzione di carburante esistente potrà convertirlo in elettrico senza bonificarlo. "Sarebbe una bomba ecologica", avverte Fegica

Il differenziale fra prezzo self e servito

  • Infine, cancellare la norma che obbliga a esporre il differenziale fra prezzo self e servito sarebbe "un regalo" alle grandi compagnie petrolifere perché in questo modo "si oscura" il prezzo del servito dove i "margini sono straordinari", spiega Fegica. A spanne vale oltre un miliardo di euro per le compagnie, sottolinea la sigla. Il sindacato chiede al governo spiegazioni sugli "approfondimenti" al ddl dopo il suo slittamento: "È stata una valutazione politica", afferma Fegica che, insieme alle altre sigle Faib e Figisc/Anisa, punta a una "riforma condivisa" del settore. E in quest'ottica i sindacati di categoria si mettono "immediatamente a disposizione" del governo per riprendere il lavoro ma "senza veti e senza forzature per dimostrare tesi precostituite"

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