Dividendi, stop a doppia tassazione per i titoli esteri: come chiedere rimborso al Fisco
EconomiaIntroduzione
Le recenti sentenze delle Corti di Giustizia Tributarie di Verona (n.423/2023) e di Siena (n.68/2024), fondate sul principio di diritto già espresso da due sentenze della Cassazione (25698/2022 e 10204/2024), hanno ribadito che i titoli di emittenti esteri non possono essere sottoposti a doppia tassazione. Un principio che, in linea teorica, dovrebbe essere già garantito dal fatto che l’investitore può chiedere il rimborso di una parte delle tasse trattenutegli all’estero, in virtù di convenzioni internazionali che prevedono di norma per gli investitori non residenti un’aliquota del 15% sui dividendi, ma che nella pratica si realizza raramente.
Quindi cosa può accadere adesso? Come sottolinea Il Sole 24 Ore, il nuovo orientamento giurisprudenziale permetterebbe di chiedere a rimborso all’Agenzia delle Entrate il differenziale tra la ritenuta effettivamente scontata e la ritenuta locale. Lo Stato italiano, però, si sta già muovendo per evitare tali richieste, modificando i rapporti bilaterali attualmente esistenti con alcuni Paesi.
Quello che devi sapere
Lo stop alla doppia tassazione
- Basta alla doppia imposizione fiscale dei dividendi e degli interessi percepiti per la presenza nel portafoglio investimenti di titoli di emittenti esteri. A fermare tutto sono state le due recenti sentenze delle Corti di Giustizia Tributarie di Verona (n.423/2023) e di Siena (n.68/2024), fondate sul principio di diritto già espresso da due sentenze della Cassazione (25698/2022 e 10204/2024)
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Fino a oggi
- Ma come funzionava prima? Finora il guadagno derivante da un investimento internazionale, oltre a essere tassato in Italia, subiva una prima imposizione nel Paese estero che poteva raggiungere percentuali a doppia cifra come il 35% in Svizzera, 30% in Usa e in Belgio e 26,375% in Germania
Il rimborso
- Un principio tutelato, almeno in teoria, dal fatto che l’investitore potrebbe chiedere il rimborso di una parte delle tasse trattenutegli all’estero, in virtù di convenzioni internazionali che prevedono di norma per gli investitori non residenti un’aliquota del 15% sui dividendi. Una pratica che però, anche a causa di mancati consigli da parte delle banche, non si realizza quasi mai
Un’ulteriore penalizzazione
- "Lo stesso dividendo di fonte estera in Italia viene poi assoggettato all’aliquota del 26% calcolata su un imponibile pari al dividendo al netto delle ritenute operate nello Stato estero se il flusso viene percepito attraverso una banca italiana. Invece se la persona fisica non canalizza il dividendo su un intermediario residente deve computare il dividendo al lordo, senza poter dedurre la ritenuta subita all’estero, nella propria dichiarazione dei redditi e versare l’imposta sostitutiva del 26% su tale importo lordo, subendo un’ulteriore penalizzazione", ha spiegato a Il Sole 24 Ore Tomaso de Simone, partner di Kpmg Private Italia
Niente credito d’imposta
- A ciò va aggiunto che il Fisco italiano spesso negava il credito di imposta per le ritenute subite all’estero. Un’opportunità adesso possibile viste le sentenze delle Corti di Giustizia
L’esempio
- A questo proposito, Il Sole 24 Ore ricorda l’esempio di un soggetto fiscalmente residente in Italia che detiene una partecipazione in una società stabilita in Germania. In tal caso, bisognerebbe prendere in considerazione la ritenuta applicata in Germania sul dividendo distribuito pari al 26,375%, che per la convenzione contro le doppie imposizioni vigente tra Italia e Germania non dovrebbe eccedere il 15%
Gli scenari
- A questo punto, come evidenzia De Simone sulle colonne del quotidiano economico, potrebbero avverarsi due scenari. "In prima istanza in sede di distribuzione del dividendo l’investitore potrebbe effettuare una comunicazione circa la propria residenza fiscale e la volontà di applicare la ritenuta convenzionale vigente tra i due Stati, vedendosi così applicata la ritenuta del 15% sul dividendo erogato". Oppure, prosegue, "sarà applicata in prima battuta la ritenuta locale tedesca del 26,375% e successivamente l’investitore italiano deve presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione fiscale tedesca al fine di recuperare la maggiore imposta pagata in Germania calcolata sul differenziale tra la ritenuta locale (26,375%) e la ritenuta convenzionale (15%). In tal caso, l’importo ottenuto a rimborso, sarà considerato imponibile in Italia"
Cosa succede in Italia
- E in Italia? Se le azioni dell’investitore sono presso un intermediario residente in Italia, quest’ultimo fungerebbe da sostituto di imposta applicando la ritenuta locale del 26% sull’ammontare effettivamente incassato, quindi al netto della ritenuta convenzionale estera del 15% l’investitore sconterebbe una tassazione effettiva del 37,1%, composta dal 15% pagato in Germania e dal 22,1% pagato in Italia. Su un possibile ammontare lordo di 100mila euro, significa una ritenuta totale di 37.100 euro
- E se non c’è un intermediario? In questo caso il soggetto dovrà gestire la fiscalità del dividendo direttamente nella dichiarazione dei redditi applicando la ritenuta del 26% sull’ammontare del dividendo lordo incassato e scontando una tassazione effettiva del 41%. Su un dividendo lordo di 100mila euro, significano 41mila euro che, spesso, diventano addirittura 52.375 euro, se l’investitore non chiede l’applicazione dell’aliquota convenzionale al Fisco estero
Come cambia lo scenario
- Dopo le sentenze, la storia cambia. Come sottolinea sempre De Simone, "il nuovo orientamento giurisprudenziale permetterebbe di chiedere a rimborso all’Agenzia delle Entrate il differenziale tra la ritenuta effettivamente scontata e la ritenuta locale del 26%, pari nel primo scenario dell’esempio pari a 15mila euro che prima non era possibile richiedere. Una cifra che scende a 11.100 euro ma rimane di tutto rispetto nel secondo scenario illustrato nell’esempio"
Le contromisure dell’Erario
- Lo Stato italiano, però, sembra volersi muovere per non perdere miliardi di euro di gettito, con una modifica delle convenzioni bilaterali a oggi già apportata negli accordi con Arabia Saudita, Barbados, Cipro, Corea del Sud, Filippine, Hong Kong, Malta, Panama, Principato di Monaco, Romania, Singapore e Taiwan. Ecco perché serve muoversi subito nella richiesta di rimborso alle Entrate. A oggi le famiglie italiane detengono direttamente ormai da diversi anni uno stock superiore a 100 miliardi di euro di azioni estere e oltre 70 miliardi di obbligazioni estere che ogni anno riconoscono ingenti somme in termini di dividendi e interessi
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