Premi di produzione, come renderli contributi per i fondi pensione: cosa dice il Fisco
EconomiaIntroduzione
Il Fisco ha fornito un parere dettagliato riguardo alla conversione dei premi di produzione in contributi pensionistici: la risposta è che non concorrono alla formazione della base imponibile sulla quale si calcola l’Irpef. Come sottolinea l’Agenzia, è importante comunicare alla forma di previdenza complementare sia l’ammontare dei contributi non dedotti, sia l’ammontare dei contributi sostitutivi del premio di risultato.
Va ricordato come il premio di risultato, noto anche come premio di produzione, risponda alla necessità di un’azienda di motivare i suoi dipendenti attraverso una quota di retribuzione aggiuntiva che viene riconosciuta nel caso si raggiungano incrementi (che per legge devono essere verificabili e misurabili) di produttività, redditività o di qualità. L’erogazione può essere effettuata da tutti i datori di lavoro, a eccezione della Pubblica Amministrazione, e ne possono godere tutti i lavoratori dipendenti. Il premio di risultato gode di un regime fiscale agevolato, introdotto dalla Legge di Stabilità del 2016, riservato a coloro che nell’anno precedente all’erogazione dello stesso non abbiano superato gli 80 mila euro di reddito da lavoro dipendente.
Quello che devi sapere
Cos’è il premio di risultato
- Il premio di risultato, noto anche come premio di produzione, risponde alla necessità di un’azienda di motivare i suoi dipendenti attraverso una quota di retribuzione aggiuntiva che viene riconosciuta nel caso si raggiungano incrementi (che per legge devono essere verificabili e misurabili) di produttività, redditività o di qualità, efficienza e innovazione
Per approfondire: Lavoro, dai premi di risultato ai bonus: ecco come le aziende gratificano i dipendenti
Il regime fiscale di cui gode
- Il premio di risultato ha un regime fiscale agevolato - introdotto dalla Legge di Stabilità del 2016 - riservato a tutti i lavoratori del settore privato che nell’anno precedente all’erogazione dello stesso non abbiano superato gli 80 mila euro di reddito da lavoro dipendente
Come funziona
- Per chi vi rientra, sui primi 3 mila euro di premio si applica un’imposta Iperf e le addizionali regionali e comunali pari al 10% (sulla parte eventualmente eccedente la tassazione è ordinaria). Questi 3 mila euro, inoltre, non concorrono a formare il reddito del lavoratore ai fini fiscali
L’aliquota
- Per quanto riguarda i premi di risultato erogati nel corso del 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva è stata ridotta al 5%, cosa che è stata estesa temporaneamente dalla Legge di Bilancio 2024 anche per i premi erogati quest’anno
Differenza con il bonus
- Il premio di risultato è una forma di retribuzione che viene introdotta in seguito a un tavolo di confronto tra l’azienda e le organizzazioni sindacali. In altre parole, il premio di risultato non può essere riconosciuto e quindi pagato ai dipendenti se prima non viene firmato questo accordo. La strada da percorrere sarebbe più semplice se il datore di lavoro volesse introdurre, invece, un bonus o un qualche programma di welfare aziendale a favore del proprio personale dipendente. In casi come questi, non è necessario firmare un accordo sindacale e quindi la scelta è più libera nei limiti, ovviamente, stabiliti dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi
Chi può ricevere il premio di produzione?
- L’erogazione può essere effettuata da tutti i datori di lavoro, a eccezione della Pubblica Amministrazione, e ne possono godere tutti i lavoratori dipendenti del settore privato che rispettino i limiti di reddito
Come viene corrisposto
- Il premio di risultato può essere corrisposto ai dipendenti con cadenza mensile, trimestrale, semestrale o annuale direttamente in busta paga. E’ possibile anche convertirlo parzialmente in servizi di welfare o in contributi alle forme pensionistiche complementari. In quest’ultimo caso, l’Agenzia delle Entrate ha risposto a un quesito formulato dal Fondo pensione, fornendo un parere dettagliato riguardo a questa conversione (risposta n. 154/E del 15 luglio 2024). Il parere, in particolare, chiarisce aspetti fondamentali del regime fiscale che viene applicato
La previdenza complementare
- La previdenza complementare dal 2005, anno della riforma, si è aggiunta al nostro sistema pensionistico come ulteriore pilastro per assicurare al lavoratore una pensione adeguata in aggiunta a quella garantita dalla previdenza di base obbligatoria. Gli incentivi introdotti dalla riforma prevedono una deducibilità dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro fino a 5.164,57 euro; e la non tassabilità, nella fase di liquidazione della prestazione, della quota di contributo previdenziale non dedotta dal reddito in fase di accumulo, per mancanza di capienza nel reddito dichiarato o perché eccedente la soglia massima ammissibile di 5.164,57 euro
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
- Il parere espresso dall’Agenzia delle Entrate fa riferimento all'articolo 1, comma 184-bis, della legge 208 del 28 dicembre 2015, dove è stato stabilito che i contributi versati a forme pensionistiche complementari, se convertiti dal premio di risultato, non concorrono alla formazione della base imponibile sulla quale si calcola l’Irpef. Detto altrimenti, questi contributi sono esentasse sia nel momento in cui vengono aggiunti ai fondi pensione sia nel momento in cui vengono erogati come prestazioni pensionistiche
I rilievi del Fisco
- L’Agenzia sottolinea inoltre l’indicazione di comunicare alla forma di previdenza complementare sia l’ammontare dei contributi non dedotti, sia l’ammontare dei contributi sostitutivi del premio di risultato. Questo perché il fondo di previdenza complementare deve avere conoscenza anche dell’importo dei contributi versati in sostituzione del premio di risultato perché non devono concorrere, come detto, alla formazione della base imponibile della prestazione pensionistica
Per approfondire: Fisco, premi risultato con tasse ridotte per redditi fino a 80mila euro: cosa sapere