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Borsa, sciopero dei dipendenti di Piazza Affari: è la prima volta nella storia

Economia

Le organizzazioni sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, hanno proclamato uno sciopero con astensione dal lavoro nelle ultime due ore della giornata, dalle 15:30 a fine servizio, per chiedere rispetto per i propri diritti, contro lo spostamento del centro decisionale a Parigi e la conseguente marginalizzazione di Milano

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Un giorno da ricordare: oggi per la prima volta a incrociare le braccia sono i dipendenti di Borsa italiana (parte del gruppo Euronext). Le organizzazioni sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, hanno proclamato uno sciopero con astensione dal lavoro nelle ultime due ore della giornata, dalle 15:30 a fine servizio, per chiedere rispetto per i propri diritti, contro lo spostamento del centro decisionale a Parigi e la conseguente marginalizzazione di Milano. La notizia, arrivata con un comunicato, una decina di giorni fa, ha stupito non poco: è il primo sciopero nella storia del gruppo. Al momento non è prevista alcuna retromarcia sebbene il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso abbia convocato i sindacati, il prossimo 3 luglio, per approfondire la faccenda. L'iniziativa rientra in una più ampia fase di mobilitazione. "A fronte dell'importanza sistemica di tutte le società del gruppo Borsa Italiana, denunciamo - questa la motivazione dei sindacati - il costante, sistematico e complessivo disinvestimento dall'Italia del Gruppo Euronext, e lo svuotamento dall'interno delle strutture italiane". Si tratta di una decisione, quella di avviare lo stato di agitazione, presa congiuntamente da tutte le sigle sindacali, "lungamente meditata e sofferta, storica perché mai prima sperimentata".

I motivi dello sciopero

Quattro le materie di rivendicazione sindacale. "Profonda" è innanzitutto la preoccupazione dei sindacati per la tenuta occupazionale sul territorio nazionale. "Mentre si delineano progetti di delocalizzazione e near shoring di intere aree di attività al di fuori dei confini nazionali, l'azienda continua a rifiutarsi di fornire garanzie e di intraprendere percorsi condivisi di tutela dei posti di lavoro e di valorizzazione delle professionalità esistenti", hanno precisato i sindacati. Secondo tema è quello legato alla questione salariale: "a fronte delle recenti dinamiche inflazionistiche, la scelta della parte datoriale di non corrispondere gli aumenti salariali previsti dal rinnovato Ccnl del settore del credito attraverso assorbimento degli ad personam, rappresenta l'ultimo di una serie di episodi che evidenziano la volontà del gruppo di non voler proteggere il potere di acquisto dei lavoratori italiani. Una decisione tra l'altro ancora più incomprensibile considerando i risultati record registrati dalle stesse società italiane del Gruppo negli ultimi anni e soprattutto nel 2023". Terzo punto "di profondo disagio e preoccupazione" è legato all'organizzazione del lavoro. "A seguito di strutture organizzative che nel corso del tempo sono divenute sempre più fragili, nel Gruppo Borsa Italiana è diventato sistematico e oramai strutturale il ricorso al lavoro straordinario, al lavoro di sabato, festivo e perfino notturno, unito a una gestione insostenibile della reperibilità, mettendo a repentaglio la salute psicofisica dei lavoratori", denunciano i sindacati. Ultimo elemento di rivendicazione è legato al tema della governance e della "progressiva perdita di autonomia direzionale e strategica delle società italiane del gruppo Borsa Italiana". "A fronte della rilevanza nazionale dell'infrastruttura di mercato, come volano per la crescita economica e la stabilità finanziaria del nostro Paese notiamo un progressivo trasferimento al di fuori dell'Italia dell'indirizzo strategico del Gruppo, e di uno spostamento dei ruoli apicali in altre aree geografiche del gruppo Euronext", sottolineano i sindacati secondo i quali "tutti e quattro i punti sopra menzionati crediamo confermino la volontà del gruppo Euronext di disinvestire progressivamente dall'Italia, scelta questa che desta profonda preoccupazione per la tenuta della competitività complessiva del sistema Paese, oltre che per le evidenti e potenziali ricadute occupazionali e depauperamento delle professionalità presenti sul territorio italiano".

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