Per la Commissione la Cina adopera pratiche commerciali sleali. Pechino: “Così l'Unione colpisce i propri interessi”. Acea: "Serve strategia industriale"
A partire dal 4 luglio ci sarà un aumento dei dazi sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina, per un valore tra il 17,4% e il 38,1%, se il dialogo tra le autorità europee e quelle di Pechino non andrà a buon fine. La decisione arriva a seguito di indagini, iniziate lo scorso anno, per verificare l'esistenza di sussidi pubblici destinati ai produttori cinesi di auto elettriche che falserebbero la concorrenza da parte delle case automobilistiche occidentali. "Bene che la Commissione offra adesso dei colloqui", ha commentato il portavoce di Scholz, Steffen Hebestreit, in conferenza stampa a Berlino. "Non abbiamo bisogno di altri ostacoli nel commercio", ha aggiunto il portavoce, sottolineando comunque che nel mercato debbano esserci "condizioni di concorrenza leale".
La decisione dell'Ue
La Commissione ha provvisoriamente confermato l’ipotesi di pratiche commerciali sleali, esaminato le probabili conseguenze e l'impatto delle misure su importatori, utenti e consumatori di auto elettriche nell'Ue, contattando anche le autorità cinesi per cercare di trovare una soluzione compatibile con gli standard del Wto. Nel caso non si trovi un accordo efficace, ci sarà l’introduzione di questi dazi compensativi provvisori, a partire dal 4 del prossimo mese, mediante una garanzia e nella forma che sarà decisa dalle dogane di ciascuno Stato membro. Verrebbero riscossi solo se e quando verranno istituiti dazi definitivi. "Serve una solida strategia industriale per l'elettromobilità", dice in una nota Acea, l'associazione dei produttori europei di auto. Il commercio libero ed equo "è essenziale per creare un'industria automobilistica europea competitiva a livello globale, mentre una sana concorrenza guida l'innovazione e la scelta per i consumatori, ma è solo una parte importante del puzzle della competitività globale".
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L'incremento dei dazi
I dazi individuali che la Commissione applicherebbe ai tre produttori cinesi inclusi nel campione d’indagine sarebbero: BYD 17,4%; Geely: 20%; e SAIC: 38,1%. Gli altri produttori, che hanno collaborato all'inchiesta ma non sono stati inclusi nel campione, sarebbero soggetti al dazio medio ponderato: 21%. Per la platea restante di produttori cinesi di veicoli elettrici, quelli cioè che non hanno neanche collaborato all'inchiesta, sarebbe applicato il dazio residuo del 38,1%.
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La reazione della Cina
“L'Ue colpisce i suoi propri interessi”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. “Esortiamo l'Europa a rispettare il suo impegno a sostenere il libero scambio, a opporsi al protezionismo e a collaborare con la Cina per salvaguardare la cooperazione economica e commerciale complessiva bilaterale”. La presidente della Commissione Ue, Ursula Von Der Leyen, aveva già anticipato che Bruxelles stava pianificando un'azione "mirata" sulla vicenda, dopo che gli Stati Uniti avevano quadruplicato le tasse doganali sui veicoli elettrici cinesi portandole al 100%. Contraria ai dazi la Germania, che dal canto applica una tariffa doganale del 10% sull’importazione di veicoli elettrici da Pechino, con cui il Paese è molto legato a livello economico e commerciale. Favorevoli all’aumento di tassazione altri Paesi Ue, in primo luogo Francia e Spagna.
La sfida dei Paesi Ue
Lo stallo dei veicoli elettrici si inserisce in un contesto di cambiamento per i Paesi occidentali e di crescente tensione commerciale con Pechino, che è attualmente il più grande esportatore di automobili al mondo. In Europa in particolare, secondo le stime del Peterson Institute for International Economics, c’è stato un aumento delle vendite da 57.000 nel 2020 a circa 437.000 nel 2023. Secondo le stime di Rhodium Group, invece, nello stesso periodo il valore dei flussi sarebbe aumentato da 1,6 miliardi a 11,5 miliardi di dollari. Allo stesso tempo, il settore automobilistico europeo si trova davanti alla minaccia esistenziale legata alla transizione energetica, con il passaggio dai motori a combustione a quelli alimentati da energie alternative. L’Occidente sta investendo miliardi, e accusa il Dragone di concorrenza sleale su tutti i fronti, dalle turbine eoliche ai pannelli solari.