Sviluppo sostenibile, l'Italia è in ritardo

Economia
Simone Spina

Simone Spina

L'ultimo rapporto dell'Asvis: accelerare la transizione energetica permetterebbe al nostro Paese di migliorare la crescita economica, i conti pubblici e l'occupazione. Si eviterebbe di scaricare i costi sulle generazioni future e di aumentare le disuguaglianze. Nell'ultimo anno e mezzo scelte politiche incerte e contraddittorie

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“Non siamo su un sentiero di sviluppo sostenibile”. E’ duro Enrico Giovannini mentre illustra l’ultimo rapporto sui progressi dell’Italia nel contrasto alla povertà, alle disuguaglianze e ai cambiamenti climatici. Tutti i temi sui quali da anni si concentra l’Asvis, l’associazione di cui è direttore scientifico, puntando soprattutto sulla transizione energetica.

Con zero emissioni più Pil e meno debito

Accelerare sull’ambiente, riducendo a zero le emissioni di anidride carbonica, permetterebbe al nostro Paese di dare una spinta all’economia. La ricchezza al 2050 aumenterebbe del 2,2 per cento, con ricaduta positive sia sull’occupazione, sia sul debito pubblico, che si ridurrebbe di quasi 16 punti percentuali in rapporto al Prodotto Interno Lordo.

Incentivi per il passaggio all'energia pulita

Questo scenario non è il più radicale: il passaggio alle tecnologie verdi sarebbe accompagnato da investimenti, attraverso un sistema di incentivi pubblici e penalizzazioni per chi inquina di più, tagliando i costi per la collettiva (in primis perdita di posti di lavoro e inflazione). Viceversa, muoversi in ritardo o non fare nulla a livello globale, porterebbe a una sorta di catastrofe: temperature più alte, crollo del Pil, perdita di posti di lavoro e aumento delle disparità e crisi economica.

Politica incerta e contradditoria

Rinviare la transizione, per Giovannini, significa scaricare i costi futuri sui più deboli e sulle prossime generazioni. Aprendo a Ivrea il Festival dello Sviluppo Sostenibile, l’ex ministro ed ex presidente dell’Istat, ha quindi sottolineato come quanto fatto dalla politica nell’ultimo anno e mezzo non sembra in grado di produrre quel cambio di passo necessario: scelte incerte e contradditorie – ha aggiunto – nonostante gli impegni internazionali assunti con Agenda 2030, varata dall’Onu nove anni fa.

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