Privatizzazioni, da vendita Poste fino a 4,4 miliardi

Economia
Simone Spina

Simone Spina

È quanto prevede il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che in Parlamento ha ricordato come con l'operazione il controllo del gruppo rimarrà pubblico. La cessione rientra nel piano di dismissioni da 20 miliardi in tre anni voluto dal governo. Nel mirino anche altre società: da Eni a Ferrovie dello Stato

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Più benefici che svantaggi. Giancarlo Giorgetti è certo che la vendita di un pezzo di Poste Italiane sarà conveniente e utile, sia per i conti pubblici, contribuendo a ridurre il debito, sia migliorando il valore della società stessa.

Poste, controllo pubblico garantito

Con la cessione il gruppo rimarrà sotto il controllo statale, conferma il ministro dell’Economia, che assicura che vigilerà per garantire i livelli occupazionali e lo storico ruolo di cassaforte del risparmio di Poste.

Quanto si incassa piazzando il 29% di Poste

Sul mercato andrà fino a un massimo del 29 per cento. E se il Tesoro si libererà di tutta la sua quota (29,26%), mantenendo quella in capo a Cassa Depositi e Prestiti (35%), Giorgetti ha stimato che “il controvalore desunto potrebbe ammontare a circa 4,4, miliardi”. La vendita avverrà a tappe, per cui lo Stato in questo iter potrà mantenere per un certo tempo il 51%.  L'operazione coinvolgerà investiori istituzionali italiani ed esteri e anche i risparmiatori, inclusi i dipendenti.

 

Privatizzazioni da 20 miliardi in tre anni

I denari ottenuti rientrano nel piano di privatizzazioni voluto da Palazzo Chigi che punta a raccogliere 20 miliardi entro il 2026. Oltre alla vendita del 41 per cento di Ita-Airways a Lufthansa (325 milioni) che stenta decollare per i rilievi dell’Europa, c’è la dismissione di Monte dei Paschi di Siena. La banca salvata dall’Erario è ancora pubblica per più di un quarto e con le quote piazzate - la prima a fine novembre e l'ultima il 26 marzo - finora si sono racimolati 1,6 miliardi.

I gioielli che potrebbero finire sul mercato

In lizza potrebbe esserci, poi, una costola dell’Eni: il 4 per cento del colosso petrolifero, cioè più o meno quanto è di proprietà diretta del dicastero dell’Economia, varrebbe un paio di miliardi

E non finisce qui: nell’orbita ci sarebbe l’Enav, l’ente che controlla il traffico aereo, e le Ferrovie, interamente dello Stato. L'ingresso dei privati nella gestione dei treni è stato ventilato in passato, ma non se n'è poi fatto nulla per quella che appare come un'operazione complessa e lunga da realizzare.

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