Guerra Israele-Iran e non solo, allarme Confartigianato: “A rischio 40% import energetico”
EconomiaIntroduzione
Secondo uno studio dell'associazione che riunisce piccole e medie imprese italiane, oltre al Medio Oriente i conflitti in corso tra Russia e Ucraina in Europa Orientale e tra India e Pakistan per il controllo del Kashmir rischiano di impattare negativamente sulle esportazioni di merci e sulle forniture energetiche nella Penisola. Ecco perché
Quello che devi sapere
L’analisi di Confartigianato
La confederazione ha calcolato i rischi delle crisi geopolitiche internazionali sull’economia italiana, a partire dalle vendite dei prodotti made in Italy verso 25 Paesi coinvolti in situazioni di conflitto o instabilità. Secondo Confartigianato, questi mercati rappresentano quasi il 10% dell’export totale e il perdurare delle ostilità potrebbe costare alle imprese circa “61,4 miliardi di esportazioni”
Per approfondire: La rubrica di Carlo Cottarelli: “Di quanti immigrati ha bisogno l'economia italiana?”

Import energetico
A preoccupare gli analisti sono anche le potenziali ricadute sull’approvvigionamento energetico derivate dai Paesi in guerra: 17 delle 25 economie analizzate rappresentano per l’Italia “il 40,7% dell’import totale di energia per un valore pari a 27,6 miliardi di euro”
Granelli (Confartigianato): “Stabilità indispensabile per tenuta MdI"
Sulle crescenti tensioni geopolitiche che mettono a rischio le rotte commerciali in tutto il mondo il presidente di Confartigianato Marco Granelli avverte: “Creare stabilità è indispensabile per la tenuta del made in Italy”
Il nodo dello stretto di Hormuz
Tra le zone strategiche che rischiano di risentire di più della recrudescenza dei conflitti in Medio Oriente c’è lo stretto di Hormuz, lembo di mare che separa Emirati Arabi Uniti e Iran. A fine aprile una violenta esplosione nel porto commerciale iraniano di Bandar Abbas ha provocato la morte di 46 persone e il ferimento di oltre 1.200. Secondo Confartigianato l’eventualità di un blocco ad Hormuz come conseguenza del conflitto potrebbe pregiudicare il transito di oltre un quarto del petrolio globale via mare e di un quinto del Gas naturale liquefatto (Gnl)
Per approfondire: Iran, esplosione nel porto di Bandar Abbas: si aggrava bilancio dei morti, sono almeno 40
Il peso di Hormuz per l’Italia
Secondo l’associazione di categoria, l’Italia importa attraverso lo stretto di Hormuz merci energetiche “pari a 9,6 miliardi di euro, ovvero il 14,2% del totale”. Tra i principali Paesi fornitori figurano Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti e Kuwait con importazioni di petrolio greggio e raffinato che oscillano da 0,6 a 3,5 miliardi di euro. Mentre dal Qatar arriva nei porti italiani Gnl per un valore pari a 2,5 miliardi
I dati sull’export
Considerata la vicinanza geografica, il Medio Oriente si conferma inoltre uno dei principali mercati dove si indirizzano le esportazioni italiane, pari a 27,1 miliardi di euro, seguito a poca distanza da paesi vicini come Egitto, Libia e Turchia (21,9 miliardi). Supera i 6 miliardi l’export verso Russia, Ucraina e Bielorussia mentre poco sotto si colloca il dato sulle esportazioni verso India e Pakistan (5,8 miliardi)
I comparti che puntano sull’estero
Come evidenzia l’analisi, una fetta consistente dei mercati coinvolti in scenari di crisi, circa 20,3 miliardi, si focalizza su comparti strategici del made in Italy, a partire da moda, gioielleria, occhialeria, alimentari, mobili e prodotti in metallo
I dati sui primi mesi del 2025
Segnali di un rallentamento dell’export verso le aree considerate nello studio si era già registrato nei primi tre mesi di ques'tanno con flessioni marcate nei paesi confinanti all’area mediorientale. Egitto, Libia e Turchia hanno segnato un calo del 14,7%, seguite da Russia, Ucraina e Bielorussia (10,4%). In controtendenza è invece proprio il Medio Oriente che ha registrato un incremento dell’export italiano pari al 13,7%, oltre il doppio rispetto all’area formata da India e Pakistan, in attivo di 6 punti percentuali
Prezzo della benzina stabile
Un ulteriore dato sull’incertezza causata a livello geopolitico arriva dal prezzo della benzina. Come rileva l’ufficio studi della Cgia di Mestre, ad oltre una settimana dallo scoppio della guerra tra Israele e Iran, le tariffe alla pompa dei carburanti “non hanno ancora registrato alcun aumento significativo”
Il confronto con il 2022
Secondo l’associazione che riunisce artigiani e piccole imprese la situazione attuale si presenta molto diversa da quella registrata tra febbraio e marzo 2022 quando l’invasione russa in Ucraina innescò una rapida impennata dei prezzi che nei primi 15 giorni di conflitto arrivò a toccare un incrmento del 16,9% sulla benzina e del 23,8% sul diesel”
Per approfondire: Guerra Israele Iran, Casa Bianca: “Trump deciderà se intervenire entro 2 settimane”
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