Giovani, traguardo pensionistico sempre più lontano: le simulazioni della Cgil
Come denuncia Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali del sindacato, con l'attuale sistema le nuove generazioni "rimangono povere al lavoro e saranno ancora più povere da pensionati". Con il rischio di dover pagare le pensioni ai più ricchi
- Salari bassi acuiti dall'inflazione, contratti atipici e un traguardo pensionistico che si allontana sempre di più. Questo è il contesto drammatico delineato per i giovani dalla Cgil, che denuncia che con l'attuale sistema essi "rimangono poveri al lavoro e ancora più poveri per la pensione". Ecco perché
- Partiamo dai salari. Come spiega la Cgil basandosi su dati Istat, gli stipendi sono cresciuti del 3,1% nel 2023 e dell'1,1% nel 2022. E "se in media i salari crescono così poco, il rischio vero è che i giovani siano i più penalizzati, perché i dati degli under 35 mostrano che sono coloro che fanno più fatica ad entrare nel mercato del lavoro, e quando lo fanno è con contratti atipici o a tempo determinato, con salari bassi"
- A questo, denuncia la Cgil, "si aggiungono le scelte nell'ultima legge di Bilancio, in particolare per i giovani, o comunque per tutti coloro che hanno il primo contributo dopo l'1 gennaio 1996, per i quali il nostro sistema previdenziale contributivo prevede un accesso al pensionamento anticipato solo laddove si perfezioni un importo minimo di pensione"
- Come sottolinea la Cgil, il metodo contributivo dovrebbe garantire "uniformità dei rendimenti sui contributi versati, indipendentemente dalla storia lavorativa. L'equità e la neutralità, da molti confusa nel sistema contributivo, non tiene assolutamente conto di qualsiasi forma di solidarietà o redistribuzione. Anzi, considerando l'impianto attuale vi è il rischio concreto che i più deboli e fragili nel mercato del lavoro faranno solidarietà a coloro che hanno magari lavorato meno ma con alti salari"
- "Nel sistema contributivo, al contrario di quello retributivo, in caso di inflazione non aumenta la quota di pensione, mentre nel sistema retributivo l'inflazione determina un aumento delle retribuzioni medie prese a riferimento per il calcolo della pensione", sottolinea la Cgil. "Solo il Pil, o meglio il tasso di capitalizzazione - media quinquennale del Pil nominale - può determinare una rivalutazione del montante contributivo accumulato e quindi della relativa quota contributiva di pensione"
- Per capire gli effetti sul traguardo pensionistico dei giovani, la Cgil - nell'analisi firmata da Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali del sindacato - ha confrontato la percentuale di crescita dei salari nel 2023 e 2024 rispetto all'importo soglia da raggiungere per accedere al pensionamento nel sistema contributivo
- "Se i salari nel biennio crescono del 4,4%, l'importo da assumere a riferimento per la pensione nel sistema contributivo (assegno sociale) cresce del 13,5% nel medesimo biennio, con una differenza del 9,1% - illustra Cigna -. Questo effetto ha delle conseguenze enormi sul traguardo pensionistico delle giovani generazioni", che sono "povere al lavoro e nella vita, perché perdono in media almeno il 9% di potere di acquisto, ma sono più povere anche sulla pensione"
- Cigna spiega poi che il governo ha deciso "di innalzare ancora di più l'asticella della pensione anticipata, portandola a 3 volte l'importo dell'assegno sociale, sempre con 64 anni d'età e almeno 20 anni di contributi". In aggiunta, "dall'1 gennaio 2024 si applicano le finestre per l'uscita, si applica il tetto massimo per il pagamento e i 20 anni di contributi sono legati all'attesa di vita". Secondo Cigna, insomma, è "un intervento forte contro i giovani, che rimangono poveri al lavoro e ancora più poveri per la pensione"
- Secondo la Cgil, l'attuale sistema penalizza i più poveri. Per dimostrarlo, Cigna confronta il conteggio di pensione per due soggetti con differenti condizioni di lavoro: il primo ha una retribuzione di 5mila euro lordi per 12 mesi, la seconda è una lavoratrice delle pulizie part-time (6 ore al giorno) con retribuzione di 600 euro al mese per 13 mesi. Il primo, che ha lavorato per 20 anni, accantona una pensione a 64 anni di 1.620 euro e quindi può andare in pensione anticipata. E la donna delle pulizie?
- La lavoratrice, spiega Cigna, matura invece una pensione di 440 euro lordi: non può andare in pensione anticipatamente e nemmeno accedere con la pensione di vecchiaia a 67 anni e 20 anni di contribuzione, visto che non riuscirebbe a maturare la soglia prevista nell'ultima legge di bilancio. Di fatto, "la donna delle pulizie sarà costretta a pensionarsi a 71 anni, ma sappiamo bene che questo requisito, come gli altri, è legato all'attesa di vita e quindi crescerà"
- Insomma, si conclude nell'analisi, "il paradosso è che andando in pensione tardi e avendo svolto un lavoro gravoso, i dati ci dicono che potrebbe avere un'attesa di vita più bassa della media, con la conseguenza che non riuscirà nemmeno a riavere totalmente la contribuzione versata e accantonata, che invece andrà a chi magari ha avuto un lavoro meno gravoso o ha lavorato pochi anni, ma con un salario più elevato"