Guerra Israele-Hamas, rischio rialzi per i prezzi di petrolio e gas? Cosa sapere

Economia
Ipa e Sky TG24

Le tensioni nella Striscia di Gaza destano preoccupazione nel quadro economico internazionale, specie per i prezzi di gas e petrolio. Nel 2023 la produzione italiana di gas è addirittura diminuita, con la conseguente necessità di dover fare ancora affidamento alle importazioni, specie da Paesi come l’Algeria e il Qatar che finora si sono mostrati ostili a Israele. Di questo oltre che dei Paesi che ci vendono il petrolio si è parlato a “Numeri”, il programma di Sky TG24 andato in onda il 9 ottobre 2023

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La guerra tra Israele e Hamas (LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI) ha causato nuova tensione nello scenario economico internazionale, soprattutto in merito ad un possibile caro prezzi su petrolio e gas. Nella giornata di lunedì 9 ottobre, il petrolio è di nuovo schizzato vicino ai 90 dollari al barile e il gas ha guadagnato quasi il 15%, giungendo a 43,95 euro al MWh, un livello che non toccava più dal 26 settembre. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, è “improbabile un effetto immediato di grande portata a breve termine” sulla dinamica tra domanda e offerta e sulle scorte di petrolio. Se le stime sul rialzo del brent sono confermate, con la possibilità di un raggiungimento “dei 100 dollari al barile entro il giugno del 2024", sul petrolio la storia è diversa, poiché ci sono due possibili implicazioni e prezzi evidentemente diversi. La prima prevede un possibile aumento della produzione saudita, conseguenza della mancata normalizzazione tra Riad e Gerusalemme, mentre la seconda il rischio di un ribasso della produzione petrolifera iraniana. La produzione nazionale e i venditori di gas e petrolio all’Italia sono stati uno dei temi di “Numeri”, il programma di Sky TG24 andato in onda il 9 ottobre 2023.

Il gas

Dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina uno dei temi più dibattuti era quello di un possibile ritorno dell'Italia alla “produzione nazionale” di gas, lasciata colpevolmente dietro: eppure, come mostrano i dati del Mimit, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la tendenza sembra essere quasi opposta a quella sperata. I dati mostrano come nel 2022 fossero 1,9 i milioni di metri cubi prodotti, scesi a 1,7 nel corso del 2023. Per questo, si rende ancora una volta necessario importare la quantità necessaria al fabbisogno nazionale: dopo il crollo della Russia in testa alla classifica dei nostri venditori ora c’è l’Algeria, dal quale importiamo circa il 35%, seguita da Azerbaigian e Qatar, rispettivamente con il 15% e il 13%. Tre Paesi che mostrano tendenze diverse sullo scenario politico internazionale, visto che Algeri ha condannato Israele, l’Azerbaigian si è mostrato dal lato di Gerusalemme e Doha ospita i vertici di Hamas. Più dietro, invece, la Russia che, secondo i dati di SNAM, MIMIT e ARERA, esporta in Italia soltanto il 6%, meno anche della Norvegia (13%).

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Il petrolio

Discorso diverso per quanto riguarda il petrolio: secondo le fonti UNEM, il nostro primo venditore dell’oro nero non è un Paese del Medio Oriente ma l’Azerbaigian, che ci fornisce il 19% del nostro fabbisogno. Due quote importanti sono però riservate a Paesi che possono destare qualche preoccupazione: infatti, il secondo e il terzo posto sono rispettivamente di Libia (17%) e Iraq (13%), Stati politicamente non stabili. La quota mediorientale che preoccupa in queste ore è poi ulteriormente rafforzata da quell’8% che importiamo dall’Arabia Saudita, uno dei protagonisti principali dello scenario più prossimo alla Striscia di Gaza. A completare il quadro ci sono poi l’11% prelevato da un altro Paese ex sovietico, il Kazakhistan, e l’11%, invece, che arriva dagli USA.

FOTO SIMBOLICHE SU FINANZA, INDICI DI BORSA ANDAMENTO DEI MERCATI, TRADING ALLA BORSA VALORI DI MILANO (MILANO - 2012-10-19, Marco Dona / Fotogramma) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

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