Superbollo auto, governo studia abolizione. Chi riguarda e quanto costa
Per il vicepremier e ministro alle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini cancellare la ‘microtassa’ significherebbe “dare ossigeno al mercato, sostenere nei fatti un settore prezioso come l'automotive che coinvolge, in modo diretto e indiretto, milioni di famiglie”
Il governo punta a intervenire sulle cosiddette "microtasse" e, con la delega fiscale, a saltare potrebbe essere il superbollo, vale a dire il contributo dovuto dai possessori di auto di potenza superiore a 185 Kw. Una tassa che costa 20 euro per ogni Kw oltre i 185
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Il superbollo riguarda dunque auto di lusso, veicoli sportivi e supercar, ma anche suv di grandi dimensioni. Nel caso di un’autovettura con potenza pari a 250 kW, secondo le stime del Corriere della Sera, l’importo da azzerare sarebbe di circa 1300 euro
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A preannunciarne la cancellazione è stato il vicepremier e ministro alle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini, secondo cui l’abolizione di questa “tassa odiosa” significherebbe “dare ossigeno al mercato, sostenere nei fatti un settore prezioso come l'automotive che coinvolge, in modo diretto e indiretto, milioni di famiglie”
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L’idea è stata subito promossa dall'Aci: "Finalmente! Dopo ben 11 anni, si mette mano al superbollo dell'auto, una tassa tanto iniqua quanto inutile", ha detto il presidente Angelo Sticchi Damiani, che già ringrazia il governo per aver capito l' "anomalia" di questa tassa applicata alle vetture con potenza superiore ai 185 kW
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Per Sticchi Damiani (in foto) il superbollo avrebbe come “unico effetto” quello di “distorcere e deprimere il mercato automobilistico nazionale, che - ricordo - annovera, tra l'altro, i più prestigiosi costruttori automobilistici mondiali”, ha detto il presidente dell’Aci
“La sua abolizione riconsegnerà piena libertà nella produzione e nell'acquisto dell'auto, senza artificiali limitazioni”, ha concluso Sticchi Damiani. La misura potrebbe arrivare nel quadro della riforma fiscale prevista dal ddl delega, per la cui piena attuazione il governo si è dato un orizzonte di due anni
La misura, come detto, potrebbe essere inserita nella riforma fiscale. Ma a determinare cosa si potrà fare davvero saranno le risorse a disposizione, e la prima verifica si avrà in autunno con la Nadef e poi con la Legge di Bilancio
La riforma fiscale dovrebbe prevedere, secondo quanto trapelato finora, diverse misure: il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef a partire dal 2024, la riduzione della tassazione per le tredicesime dei dipendenti, interventi per le famiglie e la natalità fino alla sforbiciata sulle microimposte come il superbollo
Sulle delega fiscale però è arrivata l'opinione negativa di Confindustria, che ha parlato di coperture "poco decifrabili". Inoltre la flat tax incrementale sarebbe, secondo l’associazione delle imprese, di “difficile attuazione”. E la preoccupazione è estesa anche al taglio del cuneo fiscale, che deve diventare “strutturale”
Sul nodo delle risorse per attuare la riforma, il vicepresidente per il credito, la finanza e il fisco di viale di Confindustria Emanuele Orsini ha detto che “una prima fonte di entrate potrebbe venire dalla revisione delle agevolazioni fiscali", invitando però ad evitare "colpi di scure"
E proprio da lì il governo starebbe pensando di attingere per reperire le risorse necessarie: nel mirino ci sarebbero in particolare i 226 crediti di imposta che, con un'operazione di "pulizia" immaginata nei giorni scorsi dal viceministro Leo, potrebbero fruttare risorse utili per intervenire sull'Irpef. (In foto: il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti)
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