Pensione anticipata, sette strade per lasciare il lavoro prima dei 67 anni
Mentre per ottenere la pensione di vecchiaia ordinaria bisogna aspettare di aver compiuto 67 anni, esistono delle vie per uscire dal lavoro in anticipo. Ogni strada, però, richiede dei requisiti ben delineati che riducono la platea. Da Quota 103 a Opzione donna, vediamo quali sono
Anche per il 2023 per andare in pensione in modo ordinario bisogna aspettare i 67 anni di età. Tuttavia, esistono delle strade per uscire dal lavoro in anticipo. Le vie non sono molte ma, come spiega il Sole 24 Ore, negli ultimi anni hanno permesso nel complesso “un numero di uscite dal mondo del lavoro vicino a quello del pensionamento di vecchiaia”. Vediamo quali sono sette strade per andare in pensione prima dei 67 anni
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Pensione anticipata ordinaria. Per uscire prima dal lavoro si può usufruire della pensione anticipata ordinaria. Questo trattamento previdenziale può essere conseguito a prescindere dall'età anagrafica dai lavoratori iscritti alla previdenza pubblica obbligatoria. È necessario, però, che si sia iniziato a lavorare intorno ai 20 anni e che si siano sempre versati i contributi. Quest’opzione, infatti, richiede (fino al 31 dicembre 2026) 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini (2.227 settimane) e 41 anni e 10 mesi per le donne (2.175 settimane)
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Quota 103. Per il 2023 si può optare anche per Quota 103, che sostituisce Quota 102. Questa misura transitoria è stata introdotta dall’ultima Legge di bilancio per evitare un passaggio troppo brusco dalla scaduta Quota 100 ai regimi ordinari. Gli iscritti alla gestione Inps possono andare in pensione con 62 anni d’età e 41 anni di anzianità contributiva. La platea potenziale è stimata in 50mila persone, il governo stima che questa strada verrà utilizzata da circa 41mila
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Opzione donna. La Manovra ha prorogato per il 2023 Opzione donna, misura sperimentale che consente alle lavoratrici di andare in pensione con requisiti ridotti rispetto all’anticipata ordinaria. Ha introdotto delle modifiche: ha lasciato i contributi a 35 anni ma ha alzato l'età pensionabile a 60, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (59 anni con un figlio, 58 anni con due o più). L'uscita è possibile solo per tre categorie: caregiver, invalide al 74%, licenziate o dipendenti da imprese in crisi (la riduzione a 58 anni è automatica)
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Lavoratori precoci. Un’altra via d’uscita riguarda i lavoratori precoci. Si può andare in pensione a qualsiasi età, con 41 anni di contributi versati e almeno uno versato prima di compiere 19 anni di età. Servono, però, altri requisiti. Bisogna essere in una di queste quattro condizioni: stato di disoccupazione per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale; assistere e convivere da almeno sei mesi con il coniuge o un parente con handicap; riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%; svolgere attività usuranti o gravose
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Attività usuranti. Anche i lavoratori addetti a mansioni usuranti o gravose, definite dal d.lgs n. 67 2011 e dalla legge di stabilità 2018, possono uscire in anticipo. Servono 35 anni di contributi versati, mentre l’età cambia in base al tipo di lavoro. Si parte da 61 anni e 7 mesi per i dipendenti addetti a mansioni particolarmente usuranti per almeno 78 giorni o notti in un anno, si arriva a 64 anni e 7 mesi per gli autonomi (o con versamenti in entrambe le gestioni) che sono lavoratori notturni a turni con un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno
Ape sociale. C’è poi l’Ape sociale, confermata dalla Manovra. Si tratta di una possibilità di uscita anticipata riservata ai lavoratori di categorie cosiddette deboli: disoccupati, disabili (almeno al 74%), caregiver, addetti a mansioni gravose. Bisogna aver compiuto 63 anni di età e aver versato, in base alla categoria, tra i 30 e i 36 anni di contributi. È uno scivolo pagato dallo Stato: si riceve una indennità Inps, pari al massimo a 3 volte l'assegno sociale, fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia
Isopensione. L’ultima via d’uscita anticipata di cui ci occupiamo è l’isopensione. È riservata ai lavoratori delle grandi aziende (con più di 15 dipendenti) che hanno personale in eccesso, ma devono mancare pochi anni - non più di sette - per raggiungere i requisiti minimi per la pensione ordinaria. La misura scadeva nel 2023, ma il Milleproroghe l’ha estesa fino al 2026. Si può applicare dopo un accordo di esodo con i sindacati. È gravosa per i datori di lavoro, che versano all’Inps sia “l’assegno di esodo”, sia la contribuzione mensile
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Riforma pensioni. La Legge di bilancio 2023 ha modificato di poco il sistema delle pensioni. Il governo Meloni, però, sta lavorando a una riforma più strutturale che eviti il ricorso a misure provvisorie. L’obiettivo è di riuscire a superare la legge Fornero entro la fine della legislatura. Ma la strada non è facile. Ci sono stati già due incontri tra l’esecutivo e i sindacati, mentre il terzo è stato annunciato ma non ancora fissato in calendario
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