L’ultima puntata di Numeri, rubrica di Sky TG24, si è focalizzata sulle nuove regole sui bonus edilizi. Perché il vecchio sistema è andato in crisi? Che costi ha dovuto sostenere lo Stato? Quante volte sono cambiati i meccanismi? Ecco tutte le risposte
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Da ieri, 17 febbraio, sono in vigore le nuove regole sui bonus edilizi, con lo stop alla possibilità di ricorrere alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura e il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquistare i crediti fiscali. Su questa novità si è focalizzata l’ultima puntata di Numeri di Sky TG24. Ecco tutte le domande e le risposte sul tema.
I bonus edilizi continuano ad esistere?
I bonus edilizi, ovvero i rimborsi forniti dallo Stato per la ristrutturazione delle case, non sono stati aboliti (come erroneamente alcuni hanno pensato). Quello che è cambiato, dopo l'ultimo Consiglio dei ministri, è la modalità con cui si possono riavere parte dei soldi indietro dallo Stato.
Che cosa sono cessione del credito e sconto in fattura?
Sono meccanismi che prevedono che si abbia diritto a uno sconto fiscale da parte dello Stato e lo si possa cedere. Questo meccanismo per i bonus edilizi è stato molto usato perché lo sconto veniva ceduto alla ditta che faceva il lavoro, o a una banca, e ciò permetteva di anticipare meno soldi rispetto a quanto accadeva prima. Ora con la mossa del governo, questa facoltà non c'è più e si torna al vecchio meccanismo, quello per cui lo Stato dà i rimborsi, ma spalmati su più anni in dichiarazione dei redditi.
Come si è evoluto il dibattito sui bonus edilizi e sulla cessione?
Il dibattito sulla modalità di cessione dei crediti c'è da molto tempo. Deriva da una norma del 2020, che fu votata dalla maggioranza del governo Conte II: il Decreto Rilancio è quel provvedimento che introdusse la possibilità di cedere (anche illimitatamente) crediti fiscali.
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Qual era il vantaggio per le famiglie?
La questione centrale era: “Chi anticipa i soldi delle spese di ristrutturazione?”. Sky TG24 ha fatto un esempio concreto su un condominio che deve affrontare una spesa di 600mila euro per i lavori: lo sconto in fattura - che non c'è più - permetteva alle imprese edili di anticipare le spese, in modo tale che i 10 condomini dell'ipotetico stabile dovessero anticipare solo una piccola parte della cifra e cioè, in questo esempio specifico, 6mila euro a testa. Questo però non è più possibile e l'unica via rimasta è quella della detrazione fiscale: significa che i proprietari possono ottenere i soldi indietro con la dichiarazione dei redditi. Non subito però, quindi occorre anticipare. E la cifra sale. Stando sull'esempio fatto in precedenza, nello specifico, l'anticipo diventa di 60mila euro a testa. Poi verranno recuperati 54mila euro in dichiarazione dei redditi, ogni anno, in 10 anni.
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Quanto sono stati usati i bonus e le cessioni?
Tantissimo. Se noi vediamo tutto l’ammontare dei crediti fiscali, ad oggi, degli oltre 110 miliardi, più della metà è stata fatta con il metodo della cessione. Il sistema è stato usato da centinaia di migliaia di famiglie e l’ammontare è stato veramente enorme.
Perché il sistema dei bonus è andato in crisi?
I motivi sono diversi, i principali sono: i possibili rincari -spesso diventati effettivi-, la truffe, che sono state moltissime, e i troppi crediti bloccati con rischio per impese e famiglie. Inoltre, a ostacolare il sistema è stato il costo eccessivo per lo Stato - molto più alto del previsto -, oltre che i problemi contabili con le regole Ue.
Perché è un problema per lo Stato?
La maggiore criticità è che i bonus edilizi, che già si stimava costassero tantissimo, si sono rivelati ancora più cari. Nel caso del bonus facciate, per esempio, il sistema ha comportato spese per lo Stato anche 6 volte superiori a quanto ci si aspettasse.
Per lo Stato si è trattato solo di un costo?
No, perché quella dei bonus edilizi è stata un'iniziativa che ha generato anche del ritorno economico, oltre che un miglioramento per le case e per l'efficienza energetica. I soldi dei bonus sono andati in buona parte al settore edile, poi c'è stata una parte di ritorno di soldi allo Stato stesso, in forma di tasse e contributi. A beneficiare in termini economici del sistema, è stato anche il settore finanziario.
Qual è l'impatto sulle imprese?
Le associazioni di settore identificano tra 5 e 15 miliardi i crediti bloccati, cioè quelli che non riescono più ad essere recuperati dalle aziende che hanno anticipato i costi dei lavori (e in alcuni casi li hanno già iniziati, con cantieri che si ritrovano bloccati a metà).
Quanto hanno contato le truffe nella decisione del governo?
Molto. Sui bonus edilizi sono state tantissime, quasi 6 miliardi in frodi - stime a metà del 2022 - di cui recuperati 3,7 miliardi.
Chi può ancora usare cessioni e sconti?
I proprietari che hanno già iniziato i lavori e chi non ha ancora il cantiere aperto ma ha già inviato la Cila. Sui nuovi lavori, invece, arriva lo stop. Da adesso in avanti, chi vuole fare lavori edilizi, può usare solo il sistema della detrazione fiscale spalmata su più anni.
Quante volte sono cambiate le regole sui bonus edilizi?
Innumerevoli. Facendo i conti, sulla base di una revisione del ministero dell'Economia, una volta ogni 3 mesi c'è stato un Decreto che ha cambiato le regole per proprietari e imprese.
Con le nuove norme chi potrà permettersi i lavori?
Il reddito farà la differenza. Se una persona per esempio guadagna 50mila euro all’anno, normalmente può usufruire degli sconti fiscali, se una persona invece ne guadagna 8mila, cioè è "in no tax area", no. È quindi un problema per le famiglie con poca capacità di spesa e redditi più bassi.
Che cosa cambia per quei lavori già iniziati ma con i cantieri fermi?
Con la fine della cessione, niente, perché riguarda il futuro. Mentre i 30mila cantieri fermi o non pagati sono interessati da altri aspetti del nuovo Decreto, come quello di cercare di sbloccare i crediti che stanno fermando le imprese e cercare di far sì che sia più facili darle alle banche.
Negli altri Paesi ci sono simili bonus?
Ci sono, ma quelli italiani rimangono comunque fra i più ricchi. Negli Usa, per esempio, la legge contro l'inflazione voluta dal presidente Biden ha introdotto incentivi per l’efficienza energetica per le famiglie, ma solo al 30%.