
Pensioni, ipotesi bonus 33% per chi resta al lavoro: vantaggi e svantaggi per i dipendenti
La legge di Bilancio presenterà al suo interno un piccolo beneficio per i dipendenti che decidessero di lasciare il lavoro con Quota 103. Persistono però i dubbi sulla reale entità di questo aiuto e bisognerà vedere se aziende e personale saranno d’accordo nel posticipare il ritiro

Se resti, ti premio. Si può interpretare così la nuova Quota 103, che prevede una sorta di “regalo” da parte del datore di lavoro se si decide di non andare in pensione con questa finestra
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L’INCENTIVO – In cosa consiste questo “incentivo”? Come sottolinea La Repubblica, il lavoratore può vedersi aggiungere in busta paga i contributi previdenziali che il datore di lavoro versa a Inps: tutti quanti, sia quelli a carico del lavoratore (9,19%), che quelli sull’impresa (23,8%)
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UN BONUS DEL 33% - In questo modo il bonus che il datore di lavoro darebbe al suo dipendente non è soltanto del 10%, come si è dichiarato, ma arriva al 33%
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A QUANTO AMMONTA – Un bonus che al lordo può portare a risultati interessanti: da 225 euro al mese per i redditi bassi, vicini ai 10mila euro, a quasi 700 euro netti per un reddito da 50mila euro
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COSA C’È SCRITTO NELLA MANOVRA – Nel testo della Manovra, in queste ore in esame alla Camera, viene riportato all’articolo 54 che i lavoratori con i requisiti per Quota 103 (62 anni e 41 di contributi nel 2023) possono rinunciare all’accredito dei contributi presso Inps. “Se la esercitano viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro”. E dunque “la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale è corrisposta interamente al lavoratore”
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I DUBBI – Palazzo Chigi sostiene sia solo il 10% ma la norma dice altro: resta perciò da capire se quel 23,8% sia un bonus a favore dell’azienda, un modo per tagliare il costo del lavoro, oppure finisca nelle tasche del lavoratore
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MA CONVIENE? – A questo punto la domanda sorge spontanea: ma il lavoratore continua a maturare contributi per la pensione anche dopo aver rinunciato all’uscita? In questo caso la norma è chiara: il lavoratore che raggiunge i requisiti per Quota 103 e decide di restare al lavoro, “congela” la sua pensione a quel preciso momento, alla prima finestra utile per Quota 103. Non vengono più maturati altri contributi

LA RIVALUTAZIONE FUTURA - L’assegno futuro verrà solo rivalutato in automatico all’inflazione che matura in quel “periodo di posticipo del pensionamento”, come lo chiama l’articolo 52. Bisognerà farsi bene i conti per valutare la convenienza di una scelta del genere

IL VANTAGGIO PER LO STATO - La quota del 33% dei contributi che finisce nel cedolino è poi una somma al lordo dell’Irpef, che verrà “mangiucchiata” dalle tasse prima di trasformarsi in soldi extra. Per lo Stato un sicuro vantaggio, visto che così evita di pagare la pensione per un anno e 10 mesi e quando la pagherà sarà più bassa. Da capire invece il parere dell’azienda, che potrebbe non voler ancora il lavoratore a fine carriera e con uno stipendio alto, sapendo che può mandarlo in pensione con Quota 103
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