Da gennaio si potrà lasciare il posto con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. Previsto un incentivo per rimanere al lavoro e un tetto per gli assegni superiori a 2.600 euro lordi al mese. Cambia Opzione Donna. Per chi è già in pensione: l'adeguamento all'inflazione sarà più robusto per chi prende il minimo e ridotto per chi supera i 2.100 euro
LO SPECIALE SULLA MANOVRA 2023
Cambiano ancora le pensioni ma non ci sarà alcuna rivoluzione con la manovra. Resta in piedi la legge Fornero, che fissa a 67 anni l’età minima per lasciare il lavoro, ma nel 2023 (e solo per un anno) ci sarà una nuova possibilità di anticipo: via con almeno 62 anni di età e 41 di contributi, una formula che da gennaio prenderà il posto di quella attuale (Quota 102).
Poche risorse per la riforma
La norma potenzialmente riguarderà 48mila lavoratori, per un costo di circa due miliardi nei prossimi tre anni. Un esborso contenuto, dettato dalle poche risorse a disposizione e che ha spinto il governo a rimandare interventi radicali.
I limiti al nuovo anticipo
Il nuovo meccanismo – che chiamiamo Quota 103 - prevede che l’assegno, in ogni caso, non potrà superare i 2.625 euro lordi al mese: quindi chi avesse diritto a una pensione superiore riceverebbe di meno fino a quando non raggiungerà i 67 anni. C’è poi un incentivo per rimanere al lavoro: chi ha i requisiti per l’anticipo ma non lascia il posto dovrebbe avere un aumento del 10 per cento dello stipendio. Come in passato, ci saranno le cosiddette finestre mobili (tre mesi per i lavoratori privati, sei per quelli del pubblico impiego), per cui i primi beneficiari di Quota 103 arriveranno ad aprile.
Opzione Donna più restrittiva
Prorogata di un anno l’Ape Sociale, per chi svolge lavori usuranti, e Opzione Donna, che però sarà più restrittiva. Diversamente da ora, per andare in pensione a 58 anni con 35 di contributi (con un taglio consistente dell’assegno), le lavoratrici dovranno avere almeno due figli, altrimenti l’età dovrà essere superiore (59 anni con un figlio, 60 anni negli altri casi).
Cambia l'adeguamento al caro vita
Novità anche per chi è già in pensione. L’adeguamento all’inflazione avvantaggerà chi prende meno a scapito di chi ha un assegno più ricco: i più bassi (525 euro al mese) saranno rivalutati al 120% (assicurando poco meno di 600 euro), quelli fino a 2.100 euro saranno pienamente allineati all’inflazione, mentre quelli più alti aumenteranno meno, col limite del 35% oltre i 5mila euro.