
Pensioni, scadono 3 vie d’uscita anticipata: senza interventi nel 2023 torna legge Fornero
Il 31 dicembre 2022, se nel frattempo non ci saranno nuovi interventi, terminano Quota 102, Opzione donna e Ape sociale. I sindacati hanno lanciato l’allarme. Il nuovo governo avrà un paio di mesi per decidere che strada prendere e dovrà fare i conti anche con le finanze pubbliche. La situazione

Il primo gennaio 2023, se non saranno approvati nuovi interventi, ci sarà il ritorno alla legge Fornero: il nuovo governo di centrodestra, quindi, avrà a disposizione un paio di mesi per decidere come affrontare il tema pensioni. Un tema che ha ripercussioni anche sui conti pubblici: sempre a gennaio, infatti, ci sarà l’adeguamento dei trattamenti pensionistici all'inflazione che galoppa. I sindacati hanno già lanciato l’allarme. Facciamo il punto sulla situazione
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Il 31 dicembre 2022, se non arriveranno nuovi interventi, si chiuderanno contemporaneamente tre canali d’uscita anticipata dal lavoro: Quota 102, Opzione donna, Ape sociale. Quota 102 è una misura introdotta dal governo Draghi nella legge di Bilancio come sperimentazione annuale, dopo la fine della sperimentazione triennale di Quota 100. Prevede la possibilità del pensionamento anticipato con almeno 64 anni d'età e 38 di contributi. L’adesione non è stata altissima: secondo alcune previsioni, le uscite saranno circa 10mila mentre il governo ne aveva stimate 16.800
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A fine dicembre scade anche Opzione donna. Come spiega l’Inps, “è un trattamento pensionistico calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo ed erogato, a domanda, in favore delle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno maturato i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2021”. Permette di andare in pensione alle lavoratrici con 58 anni d’età (59 le autonome) e 35 anni di contributi raggiunti nel 2021
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Fine corsa anche per l’Ape sociale. È “un'indennità a carico dello Stato erogata dall'Inps, entro dei limiti di spesa, a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all'estero. È corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia”. Permette di uscire a 63 anni d’età e, a seconda dei casi, 30 o 36 anni di versamenti. La misura è stata introdotta nel 2017 e rinnovata fino al 31 dicembre 2022
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I sindacati hanno lanciato l’allarme sul contemporaneo stop di questi tre canali d’uscita dal lavoro: secondo Cgil, Cisl e Uil, ci sarà un deciso aumento della soglia di pensionamento dai 62 anni di Quota 100 (poi diventati 64 con Quota 102) ai 67 anni del requisito di vecchiaia. Chiedono un tavolo per “costruire un'intesa con il nuovo governo entro dicembre, perché dal primo gennaio si presenta uno scalone di 5 anni”
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I sindacati propongono come soluzione Quota 41: si tratta di una misura, spinta anche dalla Lega di Matteo Salvini, che prevede la possibilità di uscita dal lavoro per tutti al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione a prescindere dalla soglia anagrafica. I sindacati chiedono anche di garantire per tutti uscite con 62 anni d’età (senza aspettare i 67 della Fornero), di prevedere una pensione di garanzia per i giovani e di rendere strutturali Ape Sociale e Opzione Donna, allargando l'Ape ad altre categorie di mestieri usuranti

Ma le soluzioni proposte dai sindacati potrebbero scontrarsi con lo stato dei conti pubblici italiani. C’è da tenere conto, infatti, che a gennaio ci sarà la rivalutazione obbligata dei trattamenti, per adeguarli alla corsa dell’inflazione: come ricorda il Sole 24 Ore, la rivalutazione farà impennare la spesa pensionistica del 7,9% rispetto a quest'anno

Il giornale spiega che nel 2023 “la spesa pensionistica è destinata a salire di poco meno di 24 miliardi” ma con l'adozione di Quota 41 e delle proroghe di Opzione donna e Ape sociale “lieviterebbe ulteriormente fino a quasi 30 miliardi”. L’Inps ha stimato che solo per il primo anno, per garantire le uscite con 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica, servirebbero 4 miliardi. Secondo i sindacati, invece, ne servirebbero circa 1,3 miliardi perché non tutta la platea potenziale ne usufruirebbe

Da più parti è anche arrivato il monito a non utilizzare troppo i prepensionamenti, per non fra lievitare ancora di più i costi della previdenza. Il tema pensioni rimane quindi caldo e divisivo. Una decisione su che strada prendere dovrà essere adottata in fretta, vista la scadenza del 31 dicembre 2022 per i tre canali d’uscita anticipata. Per discuterne, però, c’è bisogno che il nuovo governo entri in carica
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