Rincari, pro e contro dello smart working: ci farebbe risparmiare o spendere di più?
Il dibattito sul lavoro agile e la crisi energetica è ormai lungo come gli anni della pandemia, ma è tornato di attualità a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina. I dipendenti statali e privati chiedono rimborsi per coprire le spese della luce e del gas di casa: solo il 20% sarebbe disposto a guadagnare meno per non andare in ufficio. Ma nel quadro rientrano anche i comportamenti individuali, i costi per le aziende e l’aspetto sociale
C’è un ragionamento apparentemente semplice che riguarda il binomio crisi energetica e smart working: se i cittadini lavorano da casa si spostano meno, consumando meno carburante, e contemporaneamente le aziende possono risparmiare su riscaldamento ed elettricità. Ma gli aspetti di un quadro in cui il lavoro agile torna ad essere una modalità centrale sono tanti e molto dibattuti
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Per quanto riguarda gli spostamenti e il carburante, lo smart working viene indicato da Greenpeace Central and Eastern Europe come una delle misure da prendere in considerazione per riformare il settore dei trasporti in Europa. Secondo Green peace, i trasporti consumano quasi il 70% del petrolio utilizzato in Europa, causano circa il 30% delle emissioni di gas serra e rappresentano la seconda spesa per le famiglie dopo la casa
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Anche l'Agenzia internazionale dell'Energia, dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, aveva indicato il lavoro agile come uno dei fattori utili per liberarsi dalla dipendenza energetica da Mosca. "Secondo la Iea, se si potesse lavorare da casa tre giorni a settimana, nei Paesi industrializzati si farebbe a meno di mezzo milione di barili di petrolio al giorno, su un consumo totale di 44 milioni", aveva detto a Fanpage.it Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club
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Se su spostamenti e carburante gli studi e le opinioni degli esperti sono quasi del tutto concordi, lo sono meno quelle relative allo smart working come soluzione all’aumento delle bollette di gas ed elettricità. A partire da quello che pensano i lavoratori: secondo quanto riporta Il Messaggero, parte dei dipendenti statali e privati ritiene che il lavoro agile possa danneggiarli dal punto di vista economico, principalmente a causa dell’assenza di rimborsi per coprire le spese della luce e del gas a fronte del maggior tempo che trascorrerebbero in casa
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Secondo l’Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche), solo il 20% dei dipendenti sarebbe disposto a guadagnare meno pur di lavorare in smart working. Nella Pubblica amministrazione i sindacati, spiega Il Messaggero, chiedono garanzia di compensazioni prima di procedere con gli accordi individuali. Ma nelle casse della Pa non ci sarebbero risorse per andare incontro alle richieste di rimborsi dei dipendenti
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Alla questione dei consumi di luce e gas si aggiunge quella dei buoni pasto, uno dei benefit più apprezzati dai lavoratori. Nei Piani integrati di attività e organizzazione di alcuni ministeri, come il Viminale e il Miur, secondo il quotidiano romano viene indicato che “nelle giornate di attività in lavoro agile il dipendente non matura il diritto all’erogazione del buono pasto”
Dall’inizio della pandemia sono molti gli studi effettuati su smart working e i consumi. E se sul carburante le conclusioni sono simili, l’impatto sulle bollette è più dibattuto. Secondo alcuni, per riscontrare un risparmio bisognerebbe tornare a una situazione simile al primo lockdown, senza versioni “miste” di lavoro agile alternato a quello in presenza: "Un vantaggio significativo - dice Silvestrini a Fanpage.it - si potrebbe ravvisare solo se ci fosse un intero reparto aziendale che va in smart working e si elimina l'illuminazione, il riscaldamento e così via"
Tuttavia c’è anche chi pensa che bastino soluzioni meno drastiche. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Science Direct, in Gran Bretagna negli ultimi anni i consumi energetici sono aumentati anche a causa degli sprechi, come ad esempio luci e macchinari lasciati accesi nelle aziende anche fuori dall’orario di lavoro. Quindi anche un ricorso anche parziale allo smart working potrebbe essere di aiuto
E infatti quello umano è un altro fattore non di poco conto nella questione smart working e bollette. Lavorare da casa potrebbe significare una maggiore attenzione ai comportamenti volti a risparmiare, come spegnere le luci o abbassare il riscaldamento, ma al contempo non sono esclusi più consumi, ad esempio per un utilizzo più frequente del computer a causa dell’impossibilità di parlare faccia a faccia con i colleghi
Inoltre, spiega il responsabile dell'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, Mariano Corso, a Fanpage.it, "I costi di riscaldamento degli edifici residenziali sono in gran parte fissi e solo in piccola parte possono essere variati in funzione della presenza o meno dei lavoratori. Al contrario, quelli degli uffici possono essere razionalizzati"
Infine c’è un aspetto sociale da considerare. Secondo una ricerca della Carnegie Mellon, negli Stati Uniti durante il lockdown del 2020 le fasce più povere della popolazione hanno riscontrato un aumento del costo dell’elettricità doppio rispetto alla media nazionale. Cifre legate al fatto che spesso chi ha un reddito più basso vive in abitazioni più datate e poco efficienti dal punto di vista energetico
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