Lavori conclusi per 28,2 miliardi quando le opere ammesse a detrazione varrebbero 39,8 miliardi: è evidente come la prudenza delle banche, in merito al contributo governativo per riqualificare gli stabili, stia penalizzando molte imprese. Il rischio è che chi ha già ricevuto una parte dell’aiuto debba poi restituirlo, gravato di sanzioni, se non riesce a cedere la somma maturata
Superbonus, permane il problema della cessione dei crediti. Come riporta il Corriere, a dimostrarlo sono i dati di luglio dell’Enea, che evidenziano come risultavano conclusi lavori per 28,2 miliardi di euro, con una spesa prevista per lo Stato di 31 miliardi. Le opere ammesse a detrazione sarebbero però molte di più e avrebbero un valore di 39,8 miliardi, con relativa spesa statale di 43,7 miliardi
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Chi ha cominciato i lavori e attualmente ha il cantiere bloccato per l’impossibilità di ottenere la cessione non solo rischia di non vedere mai concluse le opere, ma se ha già ricevuto dallo Stato il credito a stato avanzamento lavori (che avviene quando si è al 30% o al 60% del lavoro) rischia di dover restituire le somme aggravate da sanzioni
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Per questo non mancano gli appelli a fare qualcosa per sbloccare la situazione, cosa in parte è già successa: infatti con l’ultimo decreto Aiuti si è data la possibilità alle banche di cedere i crediti nei loro cassetti fiscali ai loro clienti «professionali» e alle partite Iva, indipendentemente dalla data in cui sia maturato il credito
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Come funziona il sistema dei crediti? Ad oggi il committente può scegliere se cedere il credito a un qualsiasi soggetto o cedere il credito all’impresa che effettua i lavori, ricevendo uno sconto in fattura. Fatta la prima operazione chi ha ottenuto il credito può utilizzarlo o cederlo solo a un soggetto vigilato (banca, assicurazione, società finanziaria) che può effettuare a sua volta una sola cessione a un altro soggetto vigilato. Se chi riceve la terza cessione è una banca, è possibile la cessione al privato
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Questo aiuto permetterà alle banche di togliersi alcuni crediti maturati ma di certo non aiuterà a sbloccare la situazione. Il problema nasce dalla circolare 23/E dell'Agenzia delle Entrate dello scorso 23 giugno, con cui si richiede alle istituzioni finanziarie un’elevata diligenza professionale per evitare di essere tirate in ballo in eventuali illeciti. Per questo l’Abi ha poi richiesto alle banche la massima prudenza nelle nuove istruttorie
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Ci sono aspetti su cui le banche già esercitano i dovuti controlli, come l’assenza di documentazione o il non aver terminato i lavori, ma ci sono anche aspetti che lasciano ampi margini di incertezza interpretativa, in particolare l’incoerenza patrimoniale tra il valore dei lavori e la situazione reddituale e patrimoniale dei beneficiari e quella tra importo delle opere e valore dell’immobile per cui vengono eseguite
Servirebbe in questo senso una definizione più precisa dei limiti entro cui si possono accettare le cessioni senza rischi: un’interpretazione più restrittiva di questi criteri impedirebbe ad esempio di effettuare la riqualificazione di un vecchio stabile popolare abitato soprattutto da persone a basso reddito
E quando ripartiranno le cessioni l’aumento del costo dei prestiti si farà risentire su coloro che effettuano i lavori. Già la cessione non copre tutti i costi (a fronte di una spesa di 100 per il superbonus e un credito di 110 si riceve meno di 100) e quindi, qualora si debba ricorrere ad un prestito ponte per evitare di anticipare i contanti per pagare l’impresa, il tasso dell’operazione sarà più alto
Va però ricordato come il mercato della prima cessione sia libero e si possa ricorrere a canali non bancari. Un esempio è il portale Sibonus, un marketplace di assoluta affidabilità nato dall’iniziativa di Unioncamere e l’Ordine dei commercialisti, dove è possibile offrire crediti a chi è disposto a comprarli
Allo stato attuale il dato medio di cessioni sul Superbonus è dell’11,4% sul credito. Significa che per ogni 100 euro, che darebbero diritto a un rimborso fiscale di 110, si ottengono 97,46 euro