Energia, possibile razionamento gas e centrali a carbone

Economia

Simone Spina

Le conseguenze della guerra in Ucraina. Via libera del governo a un'eventuale riduzione dei consumi energetici e alla possibilità di riattivare le centrali a carbone per produrre elettricità. E si cercano nuove forniture alternative a quelle russe

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Un piano per prevenire il peggio: la chiusura dei rubinetti del gas da parte della Russia, dalla quale importiamo il 40 per cento di metano. L’Italia avvia la sua strategia per non rimanere a corto della materia prima, quasi tutta comprata all’estero, con la quale produciamo oltre la metà dell’elettricità e che ci serve per riscaldare le case e cucinare.

Più gas da Algeria e Azerbaijan

Anche se da Mosca finora non ci sono stati problemi coi flussi, il governo cerca nuove sponde. In questo senso va letto il viaggio del ministro degli esteri Luigi Di Maio e del numero uno dell’Eni Claudio Descalzi in Algeria. Il Paese nordafricano è il nostro secondo fornitore (circa un terzo delle importazioni) ed è disponibile a mandarci più gas. 

Se ne potrebbe comprare di più anche dall’Azerbaijan, da dove arriva col gasdotto collegato alla Puglia e che nel 2021 ha soddisfatto circa il 10 per cento dei nostri consumi. Per incrementare i flussi non occorrerebbe molti mesi, mentre l’obiettivo di raddoppiare le quantità richiederebbe tre anni. Tempi lunghi anche per aumentare in maniere sensibile la produzione nazionale, ora ai minimi da quasi settant’anni: è stato deciso di portare l’estrazione dai nostri giacimenti da 3,3 a circa 5 miliardi di metri cubi l’anno, ma rimane poca cosa rispetto quanto ne abbiamo bruciato nel 2021 (76 miliardi di metri cubi).

Con razionamenti il ritorno al carbone

Palazzo Chigi, poi, non esclude, se necessario, che si debbano ridurre i consumi e riattivare le centrali a carbone. Ce ne sono sette e potenzialmente possono arrivare a soddisfare il 15 per cento del fabbisogno energetico. Si tratterebbe di una mossa temporanea perché questi impianti, molto inquinanti, entro il 2025 dovranno chiudere i battenti.

In tutto questo c’è da fare i conti con gli stoccaggi. Al momento i depositi sono pieni per quasi il 40 per cento grazie al fatto che nei mesi scorsi sono stati riempiti e i consumi sono bassi grazie alle temperature miti. Ma bisogna pensare al prossimo inverno. E a quello che accadrà in Ucraina.

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