Un fenomeno che risulta più marcato nella comparazione con gli altri stati europei fatta da Eurostat dalla quale risulta che la media Ue è del 9,2%
Un lavoratore su 10 in Italia è povero e circa un quarto ha una retribuzione individuale bassa. Un fenomeno che risulta ancora più marcato nella comparazione con gli altri stati europei: nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media Ue del 9,2%. A dirlo è il Rapporto 2021 della Task Force del ministero del Lavoro. Contro questa situazione (che il Covid ha aggravato fino all’emergenza sociale) e per provare a bypassare lo stallo in cui è finito il confronto tra sindacati, imprese e governo, la Commissione del ministero del Lavoro rilancia una nuova proposta: prevedere un salario minimo per legge o griglie salariali basate sui contratti collettivi solo nei settori di maggior crisi.
Cinque proposte
Cinque le proposte emerse dal Gruppo di lavoro "Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa", istituito dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando: garantire minimi salari adeguati per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti, potenziare l'azione di vigilanza documentale basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle Amministrazioni pubbliche, introdurre un 'in-work benefit' che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare, incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese, promuovere una revisione dell'indicatore Ue di povertà lavorativa.
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I diritti del lavoratore
"Lo studio che abbiamo presentato - spiega Orlando - ha individuato una serie di fattori e vede lo stallo nell'ambito salariale che ha portato una cifra consistente di lavoratori in una situazione di povertà nonostante lavorino e abbiano tutto il diritto di andare sopra a quella soglia". Il ministro evidenzia che la soglia di povertà "è definita dai parametri europei e una delle cinque proposte è anche una revisione di quei parametri perché non considera adeguatamente anche la situazione delle donne" aspetto che se considerato "porterebbe ad una situazione anche peggiore". "I diritti che un lavoratore ha sono più complessi e se noi smantellassimo" le garanzie per introdurre il salario minimo "avremmo fatto un errore" ha aggiunto. “Molti Paesi in Europa con un sindacato forte, penso in particolare al Nord Europa, hanno sempre rifiutato questo strumento ma quando la contrattazione non funziona come una volta questo è uno strumento che può aiutare a recuperare quello che si è perso" ha osservato il ministro.