Manovra, blocco licenziamenti fino ad aprile 2022: a chi si applica e cosa prevede
EconomiaNell’ultimo emendamento alla Legge di Bilancio presentato dal governo viene prevista la nullità dei licenziamenti che non siano stati comunicati almeno 90 giorni in anticipo. Di fatto, non si potrebbe licenziare fino ad aprile del prossimo anno. La norma si applica ai datori di lavoro che nel 2021 hanno impiegato in media 250 dipendenti e che intendono chiudere una sede o una filiale in Italia, licenziando almeno 50 persone
Blocco dei licenziamenti fino ad aprile 2022. È quanto il governo sta provando a inserire nella Legge di Bilancio per il prossimo anno, "al fine di salvaguardare il tessuto occupazionale e produttivo" italiano. Il divieto non è esplicito ma sarebbe la conseguenza della previsione dell’obbligo, a carico del datore di lavoro, di comunicare con 90 giorni in anticipo al dipendente interessato la decisione di licenziarlo. Di fatto, non si potrebbe licenziare fino ad aprile 2022. In mancanza della comunicazione, o in caso di comunicazione prematura, il licenziamento “individuale o collettivo” sarebbe nullo. Non tutte le aziende verrebbero però coinvolte. La norma si riferisce solo ai datori di lavoro che intendono “procedere alla chiusura di una sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomi situato sul territorio nazionale” e che, nel farlo, decidono di licenziare “un numero di lavoratori non inferiore a 50”.
Le aziende coinvolte
L’obbligo di comunicazione è contenuto nell’emendamento dell’esecutivo che introdurrebbe l’art. 77-bis nella Legge di Bilancio. La norma limita ulteriormente la sua applicazione ai datori di lavoro che, nel 2021, hanno “occupato mediamente” almeno 250 dipendenti, contando anche apprendisti e dirigenti. Escluse invece le imprese che si trovano in stato di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.
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Gli elementi della comunicazione e il piano per i licenziamenti
Se l’emendamento fosse approvato, i datori avrebbero l’obbligo di inserire nella comunicazione di licenziamento le ragioni di tipo economico, finanziario, tecnico oppure organizzativo alla base della decisione. Obbligatorio indicare anche “il numero e i profili professionali del personale occupato e il termine entro cui è prevista la chiusura”. Entro 60 giorni dalla comunicazione il datore di lavoro dovrebbe inoltre elaborare un piano, dalla durata non superiore a 12 mesi, “per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura”.
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Il coinvolgimento di sindacati e istituzioni
Le comunicazioni vanno inviate “per iscritto” alle rappresentanze sindacali di riferimento, sia a quelle aziendali che unitarie, oltre che alle sedi territoriali delle associazioni sindacali di categoria, alle regioni interessate, al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero del Lavoro e all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). Entro trenta giorni dalla comunicazione il piano viene discusso insieme a sindacati e istituzioni. In caso di accordo sindacale, il piano viene firmato: il datore dovrà realizzare gli impegni previsti e versare ai lavoratori un contributo di licenziamento in forma “ordinaria”, cioè non triplicato come previsto per i licenziamenti collettivi. Se non si raggiunge un accordo sindacale, l’importo del ticket di licenziamento viene aumentato del 50%.