Parità salariale tra uomini e donne ancora lontana nonostante la nuova legge

Economia

Lorenzo Borga

MILANO - 10/2005  donna al lavoro in ufficio
segretaria
NELLA FOTO CALL CENTER
PH DILETTO (  DONNE AL LAVORO donna al lavoro in ufficio - segretaria CALL CENTER) (/ IPA/Fotogramma,  - 2005-10-01) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

La nuova legge prevede sconti contributivi per le aziende che rispettano la parità e più obblighi per farla rispettare. Ma ancora oggi le lavoratrici sono svantaggiate rispetto ai colleghi uomini: i dati.

Lo scorso 27 ottobre è stata approvata dal Parlamento la legge sulla parità salariale tra uomini e donne. La legge a firma di Chiara Gribaudo (deputata Pd) prevede modifiche al codice sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, in modo da ridurre il "gender pay gap" nelle retribuzioni. Il nuovo provvedimento mira a premiare pubblicamente le realtà virtuose sul fronte dell'uguaglianza, attraverso una certificazione della parità di genere, una sorta di bollino di riconoscimento di qualità. Alle realtà più paritarie verrà inoltre garantito uno sgravio contributivo pari al massimo a 50mila euro.

 

La legge prevede inoltre che venga esteso l'obbligo delle quote rosa nei Cda anche alle aziende pubbliche. E che pure le imprese con meno di 100 dipendenti ma più di 50 debbano redigere il rapporto sulla situazione del personale, per verificare il rispetto dell'equità di genere.

Gender pay gap: una brutta bestia

In Italia, come in gran parte del mondo, le donne guadagnano salari minori dei colleghi maschi. Nel nostro paese, dove vigono per la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti i contratti collettivi nazionali che garantiscono paghe uguali a entrambi i sessi, le cause sono da ricercare nei percorsi lavorativi. Le lavoratrici infatti vengono premiate meno spesso dei colleghi maschi con promozioni e procedono nella carriera, dunque, più lentamente. Inoltre il part-time involontario è decisamente più frequente tra le lavoratrici (1,9 milioni) che tra i lavoratori (864mila) secondo l'Istat: una discriminazione dovuta al lavoro di cura in famiglia nei confronti di bambini o di parenti anziani che troppo spesso è a carico delle donne. Secondo l'Ocse ogni giorno impiegano 5 ore del proprio tempo per faccende domestiche e familiari.

Italia penultima

Non stupisce dunque che il nostro paese sia il penultimo in Europa per il numero di donne che lavorano, peggio fa solo la Grecia. Mentre il gender pay gap effettivo nel nostro paese raggiunge addirittura il 43,7 per cento, a differenza della media europea che si ferma al 39,3.

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