Non c'è ancora una soluzione per evitare che da gennaio siano necessari 67 anni di età per lasciare il lavoro. Qualsiasi formula deve fare i conti con le risorse disponibili. Tra le ipotesi sul tavolo c’è quella di un'uscita a 63 anni con un taglio dell'assegno
E’ un rebus, quello delle pensioni, da risolvere nel giro di poche settimane. Con un’incognita che prevale su tutte, quella dei soldi. Il governo potrebbe stanziare con la manovra del 2022 cinque miliardi, denari che servirebbero principalmente per trovare una soluzione alla fine di Quota 100.
Da gennaio, infatti, non sarà più possibile lasciare il lavoro a 62 anni e con almeno 38 di contributi, e per evitare che all’improvviso di anni ne servano fino a cinque in più, si sta studiando una soluzione.
Gli strumenti sul tavolo sarebbero più di uno. Quello meno caro (costo massimo di 2,4 miliardi) sarebbe quello sostenuto dal presidente dell’Istituto di previdenza Pasquale Tridico. Prevede un’uscita a 63-64 anni di età ma con un calcolo della pensione in due fasi: quando si lascia il posto si prenderebbe solo in base a quanti contributi si sono versati; la parte restante (quella retributiva) arriverebbe a 67 anni.
Nel frattempo, si potrebbe continuare a lavorare, per integrare un assegno che risulterebbe più basso di quello che spetterebbe con la pensione piena. Questo meccanismo sarebbe più sostenibile per le casse dello Stato dell’uscita con 41 anni di contributi voluta dai sindacati, che però reputano eccessivi gli oltre 9 miliardi di euro stimati da Tridico per la loro formula.
Contemporaneamente, l’Esecutivo ipotizza l’ampliamento dell’Ape Sociale, un anticipo pensionistico già esistente che permette di lasciare il lavoro a 63 anni se si svolgono attività usuranti. La lista delle categorie ammesse passerebbe dalle attuali 15 a 30, con l’ingresso di altri tipi di occupazioni gravose. Per questa operazione servirebbe un miliardo nei prossimi tre anni.
Insomma, sono necessarie molte risorse per mettere mano alle pensioni e la coperta è corta. All’orizzonte, inoltre, potrebbe esserci un altro esborso, se si vuole evitare la svalutazione dei contributi, che tutti i lavoratori versano, causato dalla pesante recessione dell’anno scorso.