Tasse sulla casa, con la riforma nessun aumento (almeno per ora)

Economia

Simone Spina

Il governo promette che con l’adeguamento del valore degli immobili ai prezzi di mercato nessun pagherà di più o di meno. L'obiettivo è la "trasparenza" e scovare gli evasori. Ma il timore, che agita la maggioranza parlamentare, è che in futuro il carico fiscale sarà più pesante.

Ci vorranno cinque anni per vedere la nuova mappa di case e terreni che compongono come un puzzle il nostro Paese. Un periodo lungo, per un lavoro ciclopico che ha l'obiettivo di scovare gli immobili fantasma e quelli abusivi, cioè tutti quelli non registrati e che sarebbero più di un milione, ma anche di aggiornare i valori del mattone, adeguandoli ai prezzi di acquisto.

Il risultato finale, nelle intenzioni del governo, è quello di scattare una fotografia veritiera, in quella che è stata definita un’operazione statistica e di trasparenza, senza nel frattempo cambiare le tasse legate agli immobili.

Fanno fede le parole di Mario Draghi: “Nessuno pagherà di più e nessuno di meno”; “Tutto resterà come prima e il contribuente medio non si accorgerà di nulla”.

Ma allora qual è il problema? E’ un timore che in realtà riguarda il futuro. Nessuno può escludere che nei prossimi anni non si ritocchi il sistema, basandosi sui nuovi valori, che ora sarebbero in larga parte al di sotto di quelli di mercato e che servono per calcolare l'Imu, l'imposta di acquisto e altri balzelli.

Tutto questo potrebbe accadere, a maggior ragione, se serviranno risorse fresche o emergeranno ingiustizie. Cosa accadrà, per esempio, quando si scoprirà che chi abita in periferia paga più tasse di chi vive in centro pur avendo un appartamento che per lo Stato varrà meno?  E’ una possibilità che esiste.

Intanto sappiamo che la riscrittura dei registri prevede oltre a un censimento completo (l'evasione sul mattone vale quasi 6 miliardi l'anno) e all'aggiornamento periodico dei valori, il probabile conteggio dei metri quadrati (e non più dei vani) e forse una nuova classificazione in base al pregio.

Il tutto, come visto e assicurato da Palazzo Chigi, senza impatto sul calcolo delle imposte, in modo che il prelievo sul mattone (40 miliardi l’anno) non cambi.

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