
Pensione anticipata, la Corte dei conti boccia Quota 100: ipotesi uscita a 64 anni
L'organo di rilievo costituzionale ha sottolineato come sia necessario superare il sistema che scadrà a fine 2021. La soluzione potrebbe essere un’uscita anticipata “che converga su una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro”

La Corte dei conti ha bocciato Quota 100 sottolineando la necessità di superare il sistema che scade a fine anno. Per gli anni successivi, la soluzione ipotizzata dalla Corte sarebbe quella di “costruire un sistema di uscita anticipata che converga su un’età uniforme per lavoratori in regime retributivo e in regime contributivo puro”
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Al momento ai lavoratori in regime pienamente contributivo, ossia coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, la legge già consente di andare in pensione a 64 anni con 20 anni di anzianità contributiva e un assegno di importo pari a 2,8 volte l’assegno sociale
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Per evitare problemi di equità di trattamento tra lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro a poca distanza gli uni dagli altri, i magistrati invitano a trovare un’età comune per tutti, ma senza stabilirla. Nel report si parla comunque spesso di pensionamento anticipato a 64 anni con almeno 20 anni di versamenti, anche per chi rientra nel sistema misto, contributivo e retributivo
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A differenza della Corte dei conti, il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha invece parlato di una possibile doppia quota: andare in pensione anticipata a 62/63 anni con almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata, mentre la quota retributiva sarà disponibile una volta raggiunti i 67 anni
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Intanto il report della Corte dei conti riporta anche il numero di pensioni liquidate con Quota 100 al 31 gennaio 2021. Complessivamente sono state 278mila, meno del previsto
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A maggio i segretari di Cgil, Uil e Cisl hanno invece presentato al Governo un documento in 11 punti con alcune ipotesi per superare Quota 100. Una delle proposte ruota intorno all’età di pensionamento flessibile a partire da 62 anni, oppure con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età

L’idea sarebbe che chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 possa andare in pensione, senza penalizzazioni, a partire dai 62 anni o con 41 di contributi. Per chi ha cominciato invece a lavorare dopo il 1996, con assegno interamente contributivo, la richiesta è ridurre l’importo maturato per accedere alla pensione anticipata da 2,8 a 1,5 volte l’assegno sociale

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando, nel decreto Sostegni bis, ha inserito la proposta di ampliare la platea dei possibili beneficiari del contratto di espansione alle imprese con 100 dipendenti, per permettere a un numero maggiore di lavoratori di poter accedere a questa forma di pensionameto anticipato