Cashback di Stato: ipotesi abolizione nella seconda metà dell'anno

Economia

Lorenzo Borga

Il cashback di Stato potrebbe avere vita breve, visto che molte forze politiche ne chiedono l'abolizione.

Lo sconto del 10 per cento sugli acquisti con carte e app costerà allo Stato tra il 2020 e il 2022 circa 4,5 miliardi di euro, finanziati interamente – almeno secondo le intenzioni del precedente governo – con il Recovery Fund.

Stop nella seconda metà del 2021

Se la linea per l’abolizione passasse, il programma potrebbe essere sospeso nella seconda parte dell’anno, oppure solo per il 2022 per cui sono stanziati 3 miliardi di euro. Difficile invece che venga cancellato lo sconto ora attivo, accumulato da quasi 7 milioni di cittadini italiani valido sugli acquisti con carte e app tra gennaio e giugno.

Il "Super" cashback

A essere a rischio di abolizione è anche il "super" cashback, la competizione che premia con 1500 euro ogni semestre i 100mila utenti che effettuano più pagamenti. Un premio esoso per le casse pubbliche, che costa da solo 300 milioni all'anno. La gara incentiva comportamenti legali ma che nulla hanno che fare con l’obiettivo dello sconto, cioè incentivare i pagamenti digitali. Numerose sono state le denunce di benzinai e altri esercenti nei confronti di clienti che, per accumulare pagamenti validi per la classifica, ripetono anche decine di volte transazioni da pochi euro per ogni acquisto. Per rientrare nei primi 100mila, a oggi, servono più di 2 transazioni digitali al giorno: un ritmo apparentemente ridotto, ma che in realtà è molto più alto della media italiana (che nel 2019 era pari a 1 transazione digitale ogni 5 giorni).

Cosa dicono i critici

Questo è il problema del cashback secondo i critici. Una misura nata con l’obiettivo di diffondere i pagamenti e le identità pubbliche digitali, ma che rischia di destinare somme a persone che da sempre usano gli strumenti di pagamento digitali, o a chi sfrutta tutti gli stratagemmi possibili per risalire la classifica del super cashback. E qualcuno sottolinea anche che chi utilizza con più frequenza carte e app di pagamento gode tendenzialmente di un reddito più alto. E dunque i soldi dei contribuenti riempirebbero le tasche a chi ne ha meno bisogno.

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