
Coldiretti: “Quattro italiani su 10 finiranno in zona arancione. Chiusi 140mila locali”
Con la nuova ordinanza del ministero della Salute, in vigore dal 10 al 15 gennaio, Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto saranno sottoposte a misure più severe. Per l'associazione questo comporta il blocco di "140mila bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi, con un drammatico effetto sul settore che ha già perso il 48% del fatturato nel corso del 2020”. Sono invece 220mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi che possono riaprire con il servizio al tavolo nelle regioni gialle

Le misure previste per la zona arancione "colpiscono più di quattro italiani su 10 (44%), nonostante interessino solo cinque regioni che si classificano però tra le più popolose a livello nazionale". È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti sulla nuova ordinanza del ministero della Salute in vigore dal 10 al 15 gennaio, con la quale passano in area arancione Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto
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Sono invece circa 220mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi che possono riaprire con il servizio al tavolo nelle regioni gialle. "In altre parole - sottolinea la Coldiretti - possono restare aperti più di sei locali della ristorazione su 10 presenti nell'intera Penisola (62%). Nelle zone gialle comunque - sottolinea la Coldiretti - le attività di ristorazione al tavolo sono consentite solo dalle ore 5 alle 18 con la possibilità della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto"
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Nelle cinque regioni arancioni, sottolinea Coldiretti, "vivono 26,3 milioni di italiani sottoposti a restrizioni su spostamenti, orari e attività”
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La mappa delle zone arancioni vede la Lombardia con 10,1 milioni di abitanti, la Sicilia con 4,9 milioni, il Veneto con 4,9 milioni, l'Emilia Romagna con 4,5 milioni e la Calabria con 1,9 milioni
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La nuova maxi area nazionale arancione blocca di fatto, rileva l'associazione, "140mila bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi con un drammatico effetto sul settore che ha già perso il 48% del fatturato nel corso del 2020”
L'ANALISI DI COLDIRETTI
Il blocco, inoltre, “si estende a regioni dove molto diffuso è il consumo alimentare fuori casa e colpisce complessivamente quasi il 38% degli esercizi esistenti compresi gli agriturismi"
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Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione, continua Coldiretti, "si fanno sentire a cascata sull'intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all'olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”

In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo “la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato”

“Le limitazioni alle attività di impresa - conclude Coldiretti - devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l'economia e l'occupazione"

Per Coldiretti, lo "stop and go" delle ordinanze per le aperture e le limitazioni presenti in molti casi "creano ostacoli alla programmazione delle attività che spesso non sono considerate neanche sufficienti a dare sostenibilità economica e a giustificare le aperture anche con chiusure definitive"

Una situazione, questa, che rischia di dare "il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani fuori casa" che nel 2020 sono scese al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea