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Boeri: "Chiudere le porte ai migranti ci costerebbe 38 miliardi"

Economia
Tito Boeri (Ansa)

Rapporto annuale dell'Inps: "Se chiudessimo le frontiere, nei prossimi 22 anni avremmo 73 miliardi in meno di entrate". E a Sky TG24 ribadisce: "Senza non sapremmo come pagare le pensioni"

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La chiusura delle frontiere ai cittadini extracomunitari fino al 2040 potrebbe costare alle casse dell'Inps 38 miliardi. È quanto emerge da una simulazione presentata oggi dal presidente dell'istituto, Tito Boeri, secondo il quale con la chiusura delle frontiere agli immigrati, fino ai prossimi 22 anni, avremmo 73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate agli immigrati "con un saldo netto negativo di 38 miliardi". Insomma, dice Boeri, "una manovrina in più da fare ogni anno per tenere i conti sotto controllo". 

Boeri: "Bisogno di immigrati per tenere in piedi protezione sociale"

"Una classe dirigente all'altezza deve avere il coraggio di dire la verità agli italiani", ha proseguito Boeri, "abbiamo bisogno di un numero crescente di immigrati", per tenere in piedi la nostra protezione sociale. Gli extracomunitari che arrivano in Italia sono sempre più giovani e rappresentano 150mila contribuenti in più ogni anno. Molti di loro "lasciano il nostro Paese prima di maturare i requisiti per la pensione e ci regalano i loro contributi". Inoltre, ha ricordato il presidente, impedire agli immigrati "di avere un permesso di soggiorno quando sono in Italia è la strada sbagliata" perché li porta nel mondo del lavoro in nero oppure nelle mani della criminalità. 

<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="en"><p lang="it" dir="ltr">Boeri su <a href="https://twitter.com/hashtag/immigrati?src=hash">#immigrati</a>: 150.000 contribuenti in più ogni anno e compensano il calo delle nascite <a href="https://twitter.com/hashtag/rapportoINPS?src=hash">#rapportoINPS</a></p>&mdash; INPS (@INPS_it) <a href="https://twitter.com/INPS_it/status/882171507954339840">July 4, 2017</a></blockquote> <script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

 

Salario minimo, ci sono le premesse

Nella relazione sul Rapporto annuale dell’Istituto, però, non si è affrontato solo il tema dell’immigrazione: "È arrivato il momento per l'introduzione del salario minimo nel nostro ordinamento", ha annunciato Boeri secondo cui, con questa decisione, ci saranno due vantaggi: si favorirà il decentramento della contrattazione e si offrirà uno zoccolo retributivo minimo per quel crescente nucleo di lavoratori che "sfugge alle maglie della contrattazione". Per fare ciò "le premesse ci sono", tenendo anche conto che il nuovo contratto di prestazione occasionale fissa prevede una retribuzione minima oraria e che "di qui il passo è breve per introdurre il salario minimo".

Gli effetti del Jobs Act

Il presidente ha poi parlato del Jobs Act: con il contratto a tutele crescenti è stato "rimosso il tappo" alla crescita dimensionale delle imprese. Tito Boeri ha sottolineato che il numero delle imprese che ogni mese supera la soglia dei 15 dipendenti è passata dalle 8.000 unità medie del 2014, a 12.000 (+40%) dopo l'introduzione del contratto a tutele crescenti per gli assunti dopo marzo 2015. Gli incentivi contributivi, in questo contesto, non hanno avuto un ruolo dato che la decontribuzione era la stessa sopra e sotto la soglia.
La preoccupazione di Boeri rimane per quel che riguarda la minore appetibilità del contratto a tempo indeterminato, una volta esauriti gli incentivi. Per questo ha proposto la fiscalizzazione di una parte dei contributi previdenziali all'inizio della carriera lavorativa: "Porterebbe a un trasferimento dai lavoratori più anziani e dai pensionati verso i lavoratori più giovani", che sono i più penalizzati sul fronte previdenziale.

Pensionati con meno di 1000 euro al mese: 5,8 milioni nel 2016

Intanto, i pensionati che nel 2016 hanno potuto contare su un reddito da pensione inferiore a 1000 euro sono stati 5,8 milioni, cioè il 37,5% del totale. Il dato è  in calo rispetto al 2015, quando il livello era del 38%. In quest'ambito il divario tra donne e uomini è amprio: Per le prime, la percentuale di chi riceve meno di 1000 euro al mese, sul totale delle pensionate, è del 46,8%, mentre per i secondi si ferma al 27,1%. Sono invece circa 1,06 milioni i pensionati che percepiscono più di 3mila euro al mese. 

Madri e lavoro, ancora difficoltà

Sulla situazione delle donne Boeri è poi tornato per far notare come la nascita di un figlio, per una madre con contratto a tempo determinato, ha come conseguenza un calo del reddito potenziale del 35% per i primi due anni di vita del bambino. Inoltre, le misure per incentivare il ritorno delle mamme al lavoro e il congedo di paternità non funzionano pienamente: due terzi dei neopadri non hanno preso il congedo nel 2015.

<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="en"><p lang="it" dir="ltr">2/3 dei neo-padri non ha preso neanche il giorno di <a href="https://twitter.com/hashtag/congedoobbligatorio?src=hash">#congedoobbligatorio</a> nel 2015 <a href="https://twitter.com/hashtag/rapportoINPS?src=hash">#rapportoINPS</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/paternit%C3%A0?src=hash">#paternità</a></p>&mdash; INPS (@INPS_it) <a href="https://twitter.com/INPS_it/status/882173113500356608">July 4, 2017</a></blockquote> <script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>