Il caso Yara Gambirasio, dalla scomparsa ai processi a Massimo Bossetti
La 13enne Yara Gambirasio scompare il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra. Il suo corpo senza vita viene ritrovato tre mesi dopo in un campo a Chignolo d'Isola. Il muratore, all'epoca 43enne, unico imputato, è stato condannato in primo e secondo grado all'ergastolo. Poi la Cassazione ha confermato i due gradi di giudizio. Ma i suoi legali non si danno per vinti: continuano a chiedere che le prove vengano riesaminate
- Il 26 novembre 2010 Yara Gambirasio, 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo), scompare. Viene vista l'ultima volta mentre lascia la palestra del suo paese, a poche centinaia di metri da casa. Il suo corpo senza vita verrà ritrovato il 26 febbraio 2011, in un campo a Chignolo d'Isola. Per il suo omicidio l'unico imputato è sempre stato Massimo Bossetti, muratore all'epoca dei fatti 43enne, condannato all'ergastolo sia in primo che in secondo grado e poi confermato in Cassazione. Ma secondo alcuni restano dei punti oscuri nella vicenda
- Nel pomeriggio del 26 novembre 2010 Yara ha appena lasciato la palestra dove si allena con la squadra di ginnastica ritmica ad appena 700 metri da casa e di lei si perdono le tracce. Alle 18.47 il suo telefonino è agganciato dalla cella di Mapello, distante circa tre chilometri da Brembate, poi la traccia scompare
- Il 5 dicembre 2010 Mohamed Fikri (cittadino con cittadinanza marocchina), che lavora in un cantiere edile di Mapello viene fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri. Contro di lui un'intercettazione ambientale in cui sembra affermi 'Allah perdonami non l'ho uccisa'. Ma la traduzione era sbagliata. La sua posizione sarà archiviata perché risulterà del tutto estraneo alla vicenda
- Il 28 dicembre 2010 l'appello dei genitori di Yara durante una conferenza stampa: "Chi sa, parli", chiedono i due. Il 26 febbraio 2011, tre mesi dopo la scomparsa, il corpo di Yara viene ritrovato in un campo a Chignolo d'Isola, una decina di chilometri da Brembate. È stata uccisa sul posto con alcune coltellate, ma è morta anche per il freddo
- Mesi dopo, siamo ormai al 15 giugno 2011, gli investigatori riescono a isolare una traccia di dna maschile sui leggins e slip della ragazza. Sarebbe quello dell'assassino. Viene identificato un profilo di Dna, ribattezzato "Ignoto 1", e avviata una campagna a tappeto di prelievi tra la popolazione del luogo - 25.700 in tutto - per arrivare all'identificazione del sospetto
- Nel settembre 2012 nasce ufficialmente la "pista di Gorno": viene estratto da una marca da bollo su una vecchia patente il dna di Giuseppe Guerinoni, di Gorno, sposato e padre di due figli, morto nel 1999. Un profilo genetico simile a quello trovato sul corpo di Yara. Le comparazioni con il suo nucleo familiare non portano ad alcun risultato: da qui l'ipotesi che esista un suo figlio illegittimo
- Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, all'epoca 43 anni, muratore di Mapello, sposato e padre di tre figli. Gli inquirenti sono arrivati a lui tramite colei che la genetica identificherebbe come la madre di "Ignoto 1": la signora Ester Arzuffi, che però nega di aver mai avuto una relazione con Guerinoni
- Bossetti viene arrestato dopo che gli inquirenti hanno acquisito il suo Dna grazie alla scusa di un falso controllo all'etilometro ed eseguito il confronto con il profilo genetico di "Ignoto 1"
- Nel febbraio 2015 vengono chiuse le indagini a carico di Bossetti con la richiesta di rinvio a giudizio. Il 3 luglio si apre il processo davanti alla Corte d'Assise di Bergamo con l'accusa di omicidio pluriaggravato
- Per l'accusa, il Dna incastrerebbe Bossetti. Ma anche le riprese di una videocamera che inquadrano il suo furgone passare davanti alla palestra pochi minuti prima della scomparsa di Yara. La difesa sostiene invece che la traccia di Dna mitocondriale, che indica la linea materna, non corrisponde al loro assistito e che il dna prelevato fu "contaminato". Nel mirino della difesa anche le modalità di custodia e conservazione delle prove genetiche
- Bossetti si proclama innocente, nel frattempo durante il processo la Corte aveva negato altri accertamenti sulle prove di Dna chiesti dalla difesa. Il 13 maggio 2016 il pm Letizia Ruggeri chiede per Bossetti l'ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. L'1 luglio 2016 la Corte lo condanna all'ergastolo, riconoscendo anche l'aggravante della crudeltà, e a un risarcimento di 1,3 milioni alla famiglia Gambirasio. A Bossetti viene inoltre revocata la patria podestà sui tre figli
- Il 30 giugno 2017 inizia il processo di secondo grado. Bossetti continua a professare la sua innocenza: "Quel Dna non è mio. Sono innocente, non sono un mostro". Poco dopo la mezzanotte del 18 luglio 2017 la sentenza conferma l'ergastolo
- Il 12 ottobre 2018 la Cassazione riesamina il caso. La difesa di Massimo Bossetti presenta un ricorso di 600 pagine dove vengono elencati 23 motivi per cercare di dimostrare l'innocenza dell'uomo e per chiedere l'annullamento dell'ergastolo. Il ricorso punta tutto sui presunti difetti della "prova regina", quella del Dna: troppe le carenze secondo gli avvocati. Ma vengono confermate le sentenze di primo e secondo grado
- Il team di difesa di Bossetti continua a chiedere di avere accesso ai reperti delle indagini per poterli rianalizzare ed eventualmente chiedere la revisione del processo. Tuttavia, era già emerso durante i precedenti gradi di giudizio che la prova del dna era "definitivamente esaurita", cioè non poteva più essere presa in considerazione. Nel 2021 tutte le istanze degli avvocati di Bossetti vengono comunque rigettate
- Nel 2022 la pm di Bergamo Letizia Ruggeri risulta indagata dal Gip di Venezia per frode processuale o depistaggio: avrebbe spostato le 54 provette contenenti traccia biologica mista della vittima e di Bossetti dal frigorifero del San Raffaele di Milano all'ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per trasferirle ci vollero 12 giorni, con riscaldamento dei campioni che erano tenuti a -80 °C. Per la difesa di Bossetti avrebbe alterato il dna, eliminando ogni futuro tentativo di ulteriori analisi
- I legali di Bossetti (in foto) continuano a provare ad avere accesso alle prove. Nel 2023 la Cassazione accoglie il loro ricorso contro la precedente ordinanza che negava la possibilità di poter riesaminare i reperti. I difensori chiedono però non solo di poterli visionare, ma anche di analizzarli. Richiesta negata: gli viene permesso solo di visionarli. Riescono a farlo nel 2024
- Tra i reperti: i leggings, gli slip che indossava Yara sui quali fu trovata la traccia di Dna 31G20. La maglietta, la felpa e altri capi. Gli avvocati Claudio Salvagni (in foto) e Paolo Camporini però hanno trovato anche "23 diluizioni", alcune riconducibili alla traccia 31G20, altre anonime. "Come temevamo i campioni sono stati conservati a temperatura ambiente, quindi vedremo che cosa ci potranno dire. Probabilmente si sono deteriorati, e questo lo verificheremo"
- "Prima ci è stato detto che il materiale era tanto, poi che era poco, adesso capiamo che è tanto, se c'erano 23 diluizioni. Ora, però, soprattutto scopriamo che queste analisi erano ripetibili dal primo giorno. Il materiale c'era mentre la Corte d'assise d'appello e la Suprema corte ci hanno detto che quel materiale era esaurito. Abbiamo la prova che questo è un falso storico", ha detto Salvagni
- Il 18 settembre 2024 è stato archiviato il procedimento a Venezia che vedeva indagata Letizia Ruggeri, la pm del caso Yara, per frode processuale. Il gip di Venezia di fronte a una richiesta di archiviazione aveva disposto l'iscrizione nel registro degli indagati del pm. I legali di Bossetti si erano opposti all'archiviazione che invece poi è stata disposta