
Stato d'emergenza, domande e risposte: cos'è, quando si chiede e cosa comporta
È stato dichiarato il 31 gennaio 2020 e ora, sempre a causa della pandemia Covid, il Cdm lo ha prorogato fino al 31 marzo 2022. L’emergenza viene dichiarata per tutti gli eventi calamitosi di rilievo nazionale e attribuisce al governo e alla Protezione civile dei poteri speciali. Ecco tutto quello che c’è da sapere

Il governo ha prorogato lo stato d'emergenza fino al 31 marzo 2022. Un'estensione per traghettare l'Italia fuori dalla stagione più fredda sempre alla luce dell'andamento della pandemia di Covid. La decisione è arrivata durante il Cdm di oggi
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QUANDO È STATO DICHIARATO? – Lo stato di emergenza è stato dichiarato il 31 gennaio 2020 dal governo Conte per la durata di 6 mesi (fino al 31 luglio 2020) a causa “del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili (Covid-19)”
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LE PROROGHE – In seguito c’è stata una prima proroga fino al 15 ottobre 2020. Sono poi state emanate varie ordinanze, prima dal governo Conte e poi dal governo Draghi, l’ultima delle quali aveva portato la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021. Successivamente, il 14 dicembre, il Cdm ha dato il via libera al decreto per la proroga al 31 marzo
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COS’È? – Lo stato di emergenza viene adottato per tutte le emergenze di rilievo nazionale che devono essere affrontate con prontezza d’intervento e fronteggiate con poteri straordinari, come spiega il decreto legislativo n.1 del 2 gennaio 2018 (Codice della protezione civile), all'articolo 7 (Tipologia degli eventi emergenziali di protezione civile)
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Nell’articolo si parla di "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo"
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QUANDO PUÒ ESSERE EMANATO? – In Italia gli eventi calamitosi sono classificati in tre tipi in base a estensione, intensità e capacità di risposta del sistema di protezione civile: il tipo A prevede una direzione degli interventi a livello comunale, il tipo B a livello provinciale e regionale, il tipo C a livello nazionale

CHI LO PUÒ EMANARE? – Per gli eventi calamitosi di tipo C, come previsto dalla legge n. 225 del 1992 sulla Protezione civile, il Consiglio dei ministri può deliberare lo stato di emergenza nazionale. Viene dichiarato su proposta del presidente del Consiglio

Lo stato di emergenza può essere dichiarato dal Consiglio dei ministri anche come misura preventiva, ovvero "al verificarsi o nell'imminenza di calamità naturali o eventi connessi all'attività dell'uomo in Italia". Può inoltre essere dichiarato in caso di "gravi eventi all'estero nei quali la Protezione civile italiana partecipa direttamente"

QUANTO DURA? – Lo stato di emergenza di rilievo nazionale ha dei limiti temporali precisi. Il Codice della Protezione civile ne definisce la durata: un massimo di 12 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi in caso di riconosciuta necessità (due anni in totale)

Allo scadere dello stato di emergenza viene emanata un’ordinanza “di chiusura”, che disciplina e regola il subentro dell'amministrazione competente in via ordinaria e quindi il ritorno alla normalità

COSA COMPORTA? – Lo stato d’emergenza attribuisce al governo e alla Protezione civile dei “poteri straordinari” o “speciali”. Si possono attuare interventi speciali con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge, rispettando naturalmente certi limiti, a partire dai principi generali dell’ordinamento giuridico

I DPCM – I Dpcm (decreti presidenza Consiglio ministri) possono essere emanati solo in stato di emergenza. Dopo la polemica sull’uso/abuso dei Dpcm, si è inserito un emendamento che li “parlamentarizza”: il premier o un ministro devono illustrare alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare

IL MONITORAGGIO – Con lo stato di emergenza in atto prosegue anche il monitoraggio settimanale effettuato dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità sulla base dei dati forniti dalle Regioni. Il report consente di monitorare la situazione dell’epidemia in Italia e decidere i passaggi delle Regioni nelle zone di rischio, da giallo a rosso

IL CTS – Lo stato di emergenza permette alla struttura commissariale, guidata attualmente dal generale Francesco Figliuolo, di rimanere in piedi per l'acquisto, la distribuzione e la conservazione dei dispositivi di protezione, di materiale medico e soprattutto dei vaccini. È anche il fondamento del Comitato Tecnico Scientifico

SISTEMA A ZONE – La proroga dell’emergenza interessa anche il sistema a zone (per le Regioni, che in base a tre parametri (incidenza dei nuovi casi, occupazione delle terapie intensive e dei reparti ordinari) determinano il colore del territorio: bianco, giallo, arancione e rosso, con restrizioni via via più stringenti

GREEN PASS – Anche il super green pass e il green pass sono misure che sono state adottate in forza dello stato di emergenza. Prorogando l’emergenza, l’obbligo di certificazione verde, dal lavoro ai ristoranti e cinema, verrebbe esteso per lo stesso periodo di tempo

LIMITI AGLI SPOSTAMENTI – La proroga dello stato di emergenza permette al governo di porre limiti alla libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale. Inoltre, può prendere provvedimenti per limitare l’ingresso nel Paese da parte di cittadini di altri Stati dove il rischio contagio è più elevato

MASCHERINE – La proroga dello stato di emergenza interessa anche le norme sull’uso della mascherina. Il rinnovo prorogherebbe le regole attuali, quindi l’obbligo di mascherina al chiuso, sui mezzi di trasporto e, dalla zona gialla, anche all’aperto

LO SMART WORKING – Uno dei punti chiave dello stato di emergenza è la possibilità per imprese e aziende di ricorrere allo smart working per ridurre contatti e garantire il distanziamento sociale. Con la fine dello stato emergenziale terminerebbe la procedura semplificata che consente ai datori di lavoro di decidere unilateralmente sul ricorso al lavoro agile