Famiglia nel bosco, disposta nuova perizia. I bambini restano nella struttura protetta
CronacaLo ha deciso il Tribunale per i Minorenni de L'Aquila, che ha dato al perito Simona Ceccoli quattro mesi di tempo per la verifica dello stato psichico di figli e genitori
I figli di Nathan e Catherine Trevallion, la “famiglia nel bosco”, rimangono nella struttura protetta di Vasto e un esperto dovrà effettuare una nuova perizia approfondita sui bambini e sui genitori. È quanto emerge dall'ordinanza del Tribunale per i Minorenni de L'Aquila con cui è stata disposta un'indagine psico-diagnostica sulla famiglia. L'incarico è stato affidato alla psichiatra Simona Ceccoli che ha 120 giorni di tempo per la consegna della perizia. Entro il 30 gennaio il servizio sociale dovrà trasmettere una relazione di aggiornamento sugli interventi compiuti, mentre per il deposito di eventuali memorie è stato concesso alle parti fino al 15 febbraio.
La perizia chiesta dal Tribunale
Le richieste dei giudici al consulente tecnico d'ufficio riguardano tre adempimenti distinti. In primis "un'indagine personologica e psico -diagnostica del profilo di personalità di ciascun genitore dei minori per valutare: gli stili relazionali e comportamentali; le capacità e competenze genitoriali, nello specifico la capacità di riconoscimento dei bisogni psicologici (in particolare affettivi ed educativi) del minore; l'attenzione progettuale alle esigenze di crescita del minore per garantire un adeguato sviluppo psichico". Inoltre il Tribunale chiede al perito di "valutare se i genitori presentino caratteristiche psichiche idonee ad incidere sull'esercizio della responsabilità genitoriale: ove tale incidenza sia affermata, riferisca se le capacità genitoriali siano recuperabili in tempi congrui rispetto allo sviluppo e alla crescita dei minori, indicando il percorso educativo che i genitori dovranno allo scopo intraprendere". Infine si richiede alla psichiatra di "compiere un'indagine psico -diagnostica sui minori per accertare le loro condizioni attuali di vita, l'andamento dello sviluppo cognitivo e psico-affettivo, le figure di riferimento riconosciute dagli stessi minori e i modelli di identificazione sviluppati".
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"Incerta la determinazione dei genitori a stabilizzarsi nella nuova abitazione"
L'ordinanza del Tribunale per i Minorenni de L'Aquila ripercorre le varie tappe del caso giudiziario, sottolineando le numerose criticità e la rigidità di Nathan e Catherine nel voler affrontare, di comune accordo con i servizi sociali, un percorso di socializzazione e scolarizzazione per i loro tre figli. In merito alla problematica della soluzione abitativa - la famiglia viveva in un casolare fatiscente - secondo i magistrati "l'aspetto dell'idoneità dell'abitazione in rapporto alle esigenze di tutela dell'integrità fisica dei minori può essere al momento trascurato, pur restando incerta la determinazione dei genitori a stabilizzarsi nella nuova abitazione, considerato che già in passato hanno presto abbandonato altra abitazione messa a loro disposizione".
"Gravi carenze nell'istruzione"
Per quanto riguarda invece la scolarizzazione, a dicembre è emersa "la lesione dei diritto all'istruzione dei figli, o quantomeno della maggiore di essi" dopo le verifiche compiute nella casa-famiglia: la bambina non sa leggere, né scrivere. Il Tribunale ritiene necessaria la "formulazione di una programmazione didattica che assicuri un'efficace istruzione di tutti i minori e il recupero delle gravi carenze riscontrate nella bambina più grande", con l'individuazione, in caso si optasse per l'istruzione parentale, "dei precettori che dovrebbero parteciparvi per le aree e le materie per cui i genitori sono carenti". Inoltre per i magistrati si rende "necessario un congruo accertamento tecnico sulle competenze genitoriali, tanto più in considerazione del gravoso carico educativo che i genitori, optando per scelte di istruzione non convenzionali, si sono assunti in via esclusiva, senza potersi giovare del contributo dei professionisti dell'educazione".
"Dubbi sulla volontà di cooperare"
In attesa della valutazione del servizio di Neuropsichiatria Infantile, al momento non sembra superata neanche la lesione del diritto dei minori alla vita di relazione: il Servizio Sociale segnala che "nell'interazione con gli altri bambini presenti in comunità si denota imbarazzo e diffidenza". Il Tribunale infine stigmatizza "l'insistenza con cui la madre pretende che vengano mantenute dai figli abitudini e orari difformi dalle regole che disciplinano la vita degli altri minori ospiti della comunità, circostanza che fa dubitare dell'affermata volontà di cooperare stabilmente con gli operatori nell'interesse dei figli".