Burocrazia e poca considerazione, così i docenti perdono la vocazione

Classi con un numero sempre maggiori di studenti non madrelingua, gestione dei problemi cognitivi ed emotivi dei ragazzi, accresciuti dalla pandemia di Covid-19, la diffusione delle nuove tecnologie. L’insegnamento è una professione in continuo adattamento ai cambiamenti della società e dall’importanza fondamentale per lo sviluppo della stessa, eppure non sempre il punto di vista dei docenti riceve l’ascolto che merita. A tastare il polso della situazione, ci pensa l’Ocse, che conduce l’Indagine internazionale sull’insegnamento e l’apprendimento, meglio noto come rapporto Talis, la più estesa indagine comparativa su docenti e dirigenti scolastici, più di 280 mila quelli intervistati, la maggior parte dei quali appartenenti alla scuola secondaria di primo grado, le scuole medie. I sistemi educativi presi in considerazione sono quelli di 48 Paesi con un’economia sviluppata e, al di là delle indicazioni generali, è interessante misurare le principali peculiarità della situazione italiana. Demografia dei docenti Meno giovani e più donne. Una delle differenze più visibili tra l’Italia e gli altri Paesi Ocse è di natura demografica. In Italia, gli insegnanti hanno in media 48 anni, un'età superiore a quella media degli altri Paesi, che è di 45 anni. Ma più dei tre anni di differenza, quel che merita attenzione è la mancanza di ricambio generazionale. Il 49% degli insegnanti ha più di 50 anni, molto più della media Ocse del 37%, e solo il 3% ha meno di 30 anni. Dal 2018, anno della precedente edizione di Talis, la quota di insegnanti di oltre 50 anni è rimasta invariata, così come quella di under 30. Se non visualizzi il grafico, clicca qui E infatti il ricambio dei docenti che vanno in pensione viene soddisfatto con altre risorse anziché con insegnanti giovani. Il 67% degli insegnanti ha esperienza lavorativa non didattica . La quota di insegnanti alla seconda carriera è del 15%, quasi il doppio della media Ocse dell’8%. Quanto al genere, in Italia la professione è a netta predominanza femminile. D'altronde solo in tre Paesi la maggioranza degli insegnanti è maschile, l’Arabia Saudita, il Marocco e il Giappone, dove gli uomini sono il 60% del corpo docenti. Da noi, però, sono quasi 8 su 10 le professoresse , ben sopra la media Ocse del 70%. E la percentuale è immutata rispetto all’indagine precedente, condotta nel 2018. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Insegnanti poco tecnologici Un’altra caratteristica della classe docenti italiana è una certa refrattarietà alla tecnologia. L’indagine Talis ha approfondito soprattutto due elementi: il primo è l’adozione di tecniche di insegnamento non in presenza, lascito dell’esperienza pandemica, e il secondo è quello dell’uso da parte degli insegnanti di programmi di intelligenza artificiale. Se il Covid-19 ha lasciato in molte parti dei Paesi sviluppati un lascito in termini di lezioni da remoto , in Italia solo il 5% degli insegnanti lavora in scuole in cui almeno una lezione è stata impartita in modalità ibrida o online nell'ultimo mese. Anche la tanto famigerata ChatGPT, di cui si parla sempre a proposito degli studenti, non è particolarmente apprezzata dagli insegnanti nemmeno per lo svolgimento del loro lavoro. Un atteggiamento condiviso da molti altri Paesi europei, che infatti sono quelli con i più bassi tassi di utilizzo di queste soluzioni. Il 25% degli insegnanti italiani dichiara di aver utilizzato l'intelligenza artificiale nel proprio lavoro e l’ha utilizzata per riassumere in modo efficiente un argomento , generare piani di lezione o attività e supportare gli studenti con bisogni educativi speciali . Una certa diffidenza verso le nuove tecnologie non è necessariamente un aspetto negativo, ma non se dovuta all’ignoranza delle tecnologie stesse o a mancanze di preparazione digitale degli istituti scolastici. Tra gli insegnanti che dichiarano di non aver utilizzato l'intelligenza artificiale nella loro didattica nei 12 mesi precedenti l'indagine, il 69% dichiara di non avere le conoscenze e le competenze per insegnare utilizzando l'intelligenza artificiale e il 39% afferma che le loro scuole non dispongono delle infrastrutture per utilizzare l'IA. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Fattori di stress e importanza sociale Tra i disagi e le difficoltà segnalate dalla classe docente italiana ce ne sono alcune che spiccano rispetto agli altri Paesi. In Italia è il crescente aggravio amministrativo a creare insoddisfazione e stress agli insegnanti. Il 56% se ne lamenta come principale problema della professione, seguita dalle eccessive correzioni di compiti e dal dover affrontare le preoccupazioni dei genitori . Queste ultime due voci sono pressanti soprattutto per i docenti più giovani, con l’esperienza evidentemente si impara anche a gestire meglio le cose. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Ma la demoralizzazione degli insegnanti arriva anche dalla percezione che hanno della propria professione. Solo il 14% degli insegnanti concorda sul fatto che gli insegnanti siano apprezzati dalla società. E ancor meno, il 6%, è convinto che le opinioni degli insegnanti siano apprezzate dai decisori politici del proprio Paese/regione, quota rimasta invariata dal 2018. Non sorprende più di tanto, quindi, scoprire che meno della metà degli insegnanti alle prime armi dichiara che l'insegnamento è stata la loro prima scelta di carriera. Una crisi vocazionale che trova nel rapporto Talis più di una giustificazione e che deve servire da monito per i decisori politici che credono ancora nel valore dell’istruzione. Se non visualizzi il grafico, clicca qui

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Gabriele De Palma