"Ci è stato impossibile avere medici, consultare un avvocato, siamo stati 48 ore senza acqua, cibo" raccontano gli ultimi attivisti rientrati a Fiumicino. "È stato un continuo di torture psicologiche: dalla privazione del sonno al puntarci ripetutamente armi contro"
Cori, applausi, abbracci, lacrime di commozione e un grande sventolio di bandiere della Palestina e di "One Piece", simbolo di protesta. Sono stati accolti così da un centinaio di sostenitori nell'area arrivi del terminal 1 di Fiumicino gli ultimi attivisti italiani che facevano parte della Global Sumud Flotilla liberati dopo essere stati detenuti in Israele.
"Torture psicologiche e privazione del sonno"
"Ora sto bene. È stato un continuo di torture psicologiche: dalla privazione del sonno al puntarci ripetutamente armi contro, sia agli uomini che alle donne, per non parlare poi delle cose più basilari come il cibo: c'era di tutto dentro, era davvero immangiabile", ha detto uno degli attivisti ancora visibilmente provato. "Una cosa è comunque certa: la mobilitazione prosegue. Vediamo di organizzarci il prima possibile - ha detto un altro - . Era un tentativo che andava fatto. Ci saranno sicuramente altre Flotille e che riusciranno a rompere il blocco. Il momento più duro è stato senz'altro quando siamo stati intercettati. Siamo stati attaccati con gli idranti. Siamo stati letteralmente presi come ostaggi".
"Tanta violenza gratuita, 48 ore senza acqua e cibo"
"Ritornare è bellissimo ma sono state giornate super dure, tra tanta violenza gratuita: ne siamo scossi. Sappiamo però di aver fatto la cosa giusta e di aver creato una pagina di storia sicuramente importante" dice anche Federica Frascà, una degli attivisti italiani della Global Sumud Flotilla rientrati questa sera a Roma da Atene. "Sono state settimane intense, prima con l'attacco dei droni il 23 settembre sino poi all'intercettazione di notte, agli idranti, all'abbordaggio - ha proseguito - Ci è stato impossibile avere medici, consultare un avvocato, siamo stati 48 ore senza acqua, cibo: quello che abbiamo vissuto è in qualche modo un privilegio rispetto a quello che subiscono i palestinesi". "Ora vorrei dormire, riposare e mangiare un gelato", si è congedata tra gli abbracci degli amici e delle amiche.