Il 23 settembre del 1985 la camorra uccise in un agguato sotto casa a Napoli il giovane corrispondente del Mattino. Aveva 26 anni. Per ricordarlo, la sua macchina da scrivere Olivetti M80 - con la quale realizzò oltre 650 tra articoli e inchieste dal 1979 al 1985 - sarà portata in giro per l'Italia
Sono passati quarant'anni dalla notte in cui un giovane e talentuoso cronista del Mattino venne ucciso dalla camorra a soli 26 anni: il suo nome era Giancarlo Siani e venne assassinato la sera del 23 settembre 1985 nel quartiere Vomero di Napoli. E oggi, più che mai, il suo "ricordo resta vivo", dice suo fratello Paolo, parlamentare del Partito democratico: "La nostra idea è quella che Luigi Ciotti ci ha insegnato, memoria e impegno legati l'una all'altra, separati non hanno senso". E l'impegno e la memoria in questi anni hanno davvero segnato un percorso che nei prossimi giorni si trasformerà in un vero e proprio viaggio. La Olivetti M80, la macchina da scrivere con la quale Giancarlo Siani realizzò oltre 650 tra articoli e inchieste dal 1979 al 1985, sarà infatti portata in giro per l'Italia, un viaggio in treno di sette tappe e undici appuntamenti. Il 24 settembre, giorno successivo all'anniversario, si parte da San Giorgio a Cremano e si finisce il 21 ottobre alla Festa del Cinema di Roma. Ma ci saranno tappe previste anche a Latina, Fondi, Ravenna, Milano e Torino. Non si contano, poi, le iniziative: un reading il 17 settembre a Villa Bruno a San Giorgio a Cremano, dove è in mostra la Citroen Mehari del giornalista, e oggi 23 settembre la deposizione di fiori alle Rampe Siani a cura del Comune di Napoli.
Il lavoro di inchiesta al Mattino
Siani, che apparteneva a una famiglia della borghesia medio-alta partenopea, aveva frequentato con ottimi voti il liceo classico Giovanbattista Vico dove aveva iniziato a vivere il fermento politico dei movimenti della sinistra studentesca del 1977, erede delle battaglie politiche del '68. Dopo il diploma si era iscritto all'Università dove scelse la facoltà di Sociologia e, contemporaneamente, aveva iniziato a collaborare con alcuni periodici napoletani - tra cui "Il lavoro nel Sud", testata della Cisl -interessandosi ai temi sociali. E fonda con alcuni colleghi il Movimento democratico per il diritto all’informazione, di cui diviene portavoce. Scrive soprattutto di emarginazione e di criminalità organizzata, e inizia a farlo anche sulle pagine del quotidiano Il Mattino, con cui inizia la sua collaborazione come corrispondente da Torre Annunziata - città stretta nella morsa della camorra - presso la sede distaccata di Castellammare di Stabia. Nonostante fosse un corrispondente, iniziò a fare vita di redazione dove restava tutto il giorno a scrivere i suoi pezzi. Promotore di iniziative e firmatario di manifesti d'impegno civile e democratico, ricorda Libera sul suo sito che Siani era divenuto una realtà a Torre Annunziata: "Scomodo per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato, d'incoraggiamento per chi aveva una coscienza civile, ma non aveva il coraggio per urlare". La decisione di eliminarlo fu presa all'indomani della pubblicazione di un suo articolo, sul Mattino del 10 giugno 1985 relativo alle modalità con le quali i carabinieri erano riusciti ad arrestare Valentino Gionta, boss di Torre Annunziata: nel pezzo Siani spiegò che Gionta era diventato alleato del potente boss Lorenzo Nuvoletta , amico e referente in Campania della mafia del super boss Totò Riina.
Raccontare i fatti, anche scomodi
Il fratello Paolo dice che "la semina di questi 40 anni sta dando i suoi frutti e il nostro obiettivo è affidare questi semi ai giovani affinché possano ricordarlo, prendere tutto il bene e non deviare dal loro percorso di vita". Il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, definisce "il messaggio di Giancarlo Siani sempre più attuale. Ed è sempre più attuale non solo per il mondo dell'informazione, quindi per tutte le generazioni di giornalisti, ma è un messaggio vasto, rivolto a tutta la società civile". Non a caso, le sue inchieste giornalistiche sono ancora oggi "un monito" sottolinea Gianmario Siani, presidente Fondazione Giancarlo Siani, sono "un esempio fondamentale che ci serve molto", aggiunge Geppino Fiorenza, referente emerito di Libera Campania, senza però dimenticare anche il "grande dolore rimasto, anche perché quella sera del 23 settembre 1985 non fu sufficientemente difeso come doveva. E questo, per noi, è una grande sofferenza". Siani era ancora un giovane pieno di sogni quando fu ucciso sotto casa. Ed è per questo che suo fratello Paolo, 40 anni dopo, si rivolge proprio ai giovani che vogliono fare i giornalisti. "Fate bene il vostro lavoro, con la schiena dritta. Chi fa il giornalista deve raccontare i fatti. E se sono veri, anche se scomodi, vanno raccontati".