Due i testamenti scritti di suo pugno e messi in busta sigillata. Il primo è del 15 marzo scorso e il secondo del 5 aprile successivo. La pubblicazione dei due documenti, ossia la loro apertura dal notaio Elena Terrenghi, è del 9 settembre
Sono due i testamenti in forma segreta che Giorgio Armani ha scritto di suo pugno e consegnato in una busta sigillata al notaio. Due documenti che sono stati aperti l'altro ieri e nei quali è scritto, al di là di chi saranno i beneficiari del suo patrimonio stimato tra gli 11 e i 13 miliardi, il futuro del Gruppo della moda costruito mattone dopo mattone, in una vita di lavoro e sacrifici e con un estro e una creatività tali da diventare uno dei fari della moda e del lusso a livello mondiale. Due giorni fa, nello studio milanese di Elena Terrenghi, la professionista incaricata di eseguire le sue volontà, è stato pubblicato il testamento. Anzi due, come risulta dall'archivio notarile, con in calce la sua firma e le date del 15 marzo scorso e del 5 aprile successivo. Si tratta probabilmente dell'ultima versione con cui ha messo nero su bianco quanto gli stava a cuore: assicurare la continuità artistica e imprenditoriale del gruppo tenendolo al riparo da logiche finanziarie, come è accaduto in passato ad altri brand storici, mantenendo la sua italianità ed evitando una 'polverizzazione' della gestione.
Il piano per la successione
"Ho preparato il piano di successione con il mio solito pragmatismo e con discrezione ben pianificati, ma non lo svelerò ora perché sono ancora in circolazione" aveva detto Armani in una intervista al Financial Times. E così è stato fino all'altro ieri, il giorno dopo il funerale a Rivalta, nel Piacentino. Il suo intento, per quel che lui stesso ha affermato, era consegnare nelle mani delle persone a lui più care, e fidate, il Gruppo fondato nel 1975 e guidato con rigore, attribuendo un ruolo chiave alla Fondazione Armani, creata una decina di anni fa assieme allo storico braccio destro Leo Dell'Orco e al banchiere Irving Bellotti di Rothschild Italia, con lo scopo di garantire la stabilità. E proprio alla Fondazione potrebbe toccare il ruolo cardine nella nuova governance della Giorgio Armani spa, di cui lui era presidente e amministratore delegato, ruoli che dovrebbero essere ricoperti da chi per anni è stato al suo fianco, condividendo la sua visione di creativo e imprenditore. Visione che lo ha portato anche a prevedere un sistema composto da sei categorie di azionisti e con diritti differenti (dalla A alla F) e la quotazione in Borsa non prima di cinque anni.
Gli eredi e il patrimonio
Poiché lo stilista non ha figli, l'eredità sarà divisa senza quote di legittima, che la legge riserva di norma ai parenti più stretti, in sostanza il coniuge e appunto i figli. Quindi a ereditare i beni e gli asset societari saranno i tre nipoti, Silvana e Roberta, figlie del fratello Sergio morto tempo fa, e Andrea Camerana, figlio della sorella Rosanna, la quale è dal 2017 nel Consiglio di Amministrazione, nonché Dell'Orco. Non è escluso che nella rosa di coloro a cui sarà passato il testimone ci sia anche Federico Marchetti, fondatore di Yoox con un posto pure lui nel Cda. In ballo non c'è solo il 99,9% del gruppo della moda - la Fondazione ha lo 0,01 per cento -, ma anche partecipazioni in società italiane ed estere, come EssilorLuxottica. A ciò si aggiungono un patrimonio immobiliare che comprende tra l'altro la villa a Pantelleria, la residenza estiva a Forte dei Marmi, dove si trova anche il locale La Capannina acquistato di recente, la casa milanese di via Borgonuovo, Villa Rosa nell'Oltrepò Pavese e altre residenze a Saint Moritz, Parigi e Saint Tropez. Senza contare le opere d'arte. Infine si ipotizza negli ambienti anche ci siano lasciti a persone che sono state al fianco di Armani fin dagli inizi della sua attività, che hanno lavorato con lui e per lui, e magari anche a enti benefici o a sostegno di cause sociali.