Cos’è una “città globale” e perché secondo i ranking Milano lo è più di Roma

Il termine “città globale” è entrato nel lessico delle scienze sociali negli anni ‘90 grazie alla sociologa Saskia Sassen, che nel suo libro “The Global City” ha analizzato il ruolo di metropoli come New York, Londra e Tokyo nell’economia mondiale postindustriale. Per Sassen, una città globale non è semplicemente una città grande o ricca, ma un centro nevralgico nei flussi internazionali di capitali, persone, informazioni e innovazione. In altri termini, è uno spazio urbano che non si limita a subire la globalizzazione, ma che al contrario la plasma. Da allora, istituzioni accademiche e think tank hanno iniziato a classificare le città del mondo in base al loro grado di “globalità”. Una delle graduatorie più influenti è quella del Globalization and World Cities Research Network , che ogni anno valuta centinaia di città sulla base del loro ruolo nei sistemi economici globali. Nell’edizione del 2024, solo due città ottengono la massima categoria, quella di “Alfa ++”: Londra e New York, considerate le capitali indiscusse della finanza globale. Subito dietro, nella categoria “Alfa +”, figurano Parigi, Sydney e sei megalopoli asiatiche: Hong Kong, Singapore, Tokyo, Pechino, Shanghai e Dubai. Nella fascia immediatamente inferiore, quella delle città “Alfa”, compaiono anche alcune metropoli europee come Amsterdam, Francoforte, Madrid, Istanbul e Varsavia. Tra queste, unica italiana, c’è Milano. Più in basso nella graduatoria troviamo Roma, classificata come “Beta +”, seguita da Bologna , Torino e, ancora più in basso, Napoli, Genova e Firenze. Queste ultime rientrano nella categoria “Sufficiente”, riservata a quelle città che possiedono un livello adeguato di servizi da non dover dipendere eccessivamente dalle città globali, ma che non esercitano una vera influenza sul sistema mondiale. Un’altra classifica nota agli addetti ai lavori è quella della società di consulenza strategica Kearney, che misura le performance globali delle città sulla base di indicatori economici, politici e culturali. Anche qui Milano è l’unica italiana a entrare nella top 30 del 2024, piazzandosi al 28° posto. Le prime tre posizioni vanno a New York, Londra e Parigi, e tra le altre città europee che superano Milano troviamo Madrid , Bruxelles , Istanbul , Berlino , Amsterdam , Barcellona , Mosca e Vienna . Ancora più penalizzante per l’Italia è il Global Cities Index elaborato da Oxford Economics, che attribuisce un peso ancora maggiore agli aspetti economici e produttivi. Anche in questa classifica, il podio è invariato: New York, Londra e Parigi. Ma Milano scivola all’82° posto e nessun’altra città italiana compare nella top 100. Una conferma della distanza tra i nostri centri urbani e quelli realmente competitivi a livello globale. La critica più frequente a queste classifiche è che attribuiscono un’importanza sproporzionata ai fattori economici, trascurando elementi altrettanto cruciali come la qualità della vita, l’attrattività culturale, il capitale sociale o l’identità urbana. Un sintomo evidente di questa impostazione è che spesso il principale centro finanziario di uno Stato supera la sua capitale politica. È il caso dell’Italia, dove Milano precede costantemente Roma, ma anche di paesi come la Svizzera, dove Zurigo ha maggiore rilevanza internazionale rispetto a Berna. Uno sguardo alternativo emerge però dalla classifica “Best Cities” della società Resonance, che valuta le città anche in base a fattori culturali, ambientali e turistici. In questo caso Roma risale posizioni fino al sesto posto a livello mondiale, superando Milano, che figura al ventesimo. Le prime cinque città sono Londra, New York, Parigi, Tokyo e Singapore. Nella stessa graduatoria anche Napoli riesce a ottenere un riconoscimento, piazzandosi al 92° posto. Milano, comunque, resta più globale di Roma dal punto di vista economico e di connessione dei flussi di globalizzazione. Ma rimane sempre dietro a Londra e Parigi, perché non è la capitale politica del Paese: un duopolio, quello tra Roma e Milano, che dura da tempo, e che riflette in qualche modo la difficoltà dell’Italia ad affermarsi in queste classifiche.

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Alessio Vernetti