Esiste una soluzione all’overtourism?

Se ogni volta che torni da una vacanza hai la sensazione di essere più stanco di quando sei partito stai sperimentando un sintomo della Check List Era. Un nuovo modo di viaggiare che consolida il passaggio dalla lentezza analogica di guide cartacee e mappe, alla velocità dei ‘5 luoghi da visitare in un giorno’: tutte le tappe del tuo viaggio pronte in un minuto di Reel su Instagram. “Oggi vogliamo vedere più cose possibili nel minor tempo possibile. Viviamo l’esperienza come fosse una performance, una check list, una lista di cose da spuntare per essere validati a livello sociale” afferma Ruben Santopietro, Ceo di Visit Italy, piattaforma culturale dedicata ai viaggi. Il turista contemporaneo, spesso senza rendersene conto, è immerso in un tour della FOMO. “Secondo un sondaggio di Booking del 2023, il 70% dei turisti ha scelto una destinazione anche in base alla sua fotogenicità. Siamo pervasi dalla fear of missing out, la paura di essere tagliati fuori da esperienze, da luoghi in cui vediamo che influencer vivono esperienze meravigliose, poi magari le vivono i nostri amici e, da questo, l’ansia sociale di doverle vivere anche noi”. “Non parliamo di overtourism ma di turismo sbilanciato” Quella del 2025 potrebbe essere un’estate da record: sono attesi 38,5 milioni di vacanzieri, a cui vanno aggiunti i turisti italiani che si sposteranno nella Penisola: in tutto ci potrebbero essere 5 milioni di persone in più rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Osservatorio Turismo di Visit Italy, circa il 70% dei turisti stranieri che in media visitano ogni anno l'Italia si concentra su appena l’1% del territorio nazionale. Una dinamica che sta trasformando il volto delle mete più gettonate come Roma, Venezia, Firenze, Napoli e le Cinque Terre, con conseguenze sempre più evidenti: congestione urbana, impoverimento dell’esperienza locale, fragilità dei territori e qualità della vita dei residenti altamente compromessa. “Il termine overtourism oggi non racconta bene quello che sta succedendo, credo sia meglio parlare di unbalanced tourism, turismo sbilanciato. Abbiamo troppi turisti negli stessi luoghi e allo stesso tempo. Questo accade quando si perde di vista l’importanza della comunità ospitante. L’abitante avverte un senso di esclusione dall’equazione della sostenibilità, non solo in termini ambientali” sottolinea Santopietro. Non è questione di quantità: la teoria dell’irritazione Contro il cosiddetto turismo “mordi e fuggi”, flussi di viaggiatori poco attenti e inconsapevoli che frettolosamente si aggirano per le città portando più disagi che valore, alcune località prendono provvedimenti: ticket d'ingresso e tasse di sbarco, divieti di nuove aperture turistiche, ingressi contingentati. Dall’altra parte, crescono le tensioni con gli abitanti che si trovano più esclusi dai luoghi che a loro da sempre appartengono. “Con il nostro Osservatorio del Turismo ci siamo resi conto che entro il 2030 il 50% delle principali città d'arte italiane potrebbe diventare inaccessibile” rivela Santopietro. A crescere non è solo il numero di viaggiatori, ma di un certo tipo di turisti più distratti, più superficiali. “Nel 1975 il ricercatore George Doxey parlava di teoria dell’irritazione, secondo cui una comunità attraversa quattro fasi: la fase dell'euforia, quando si apre per la prima volta al turismo e ha la volontà di essere riconosciuta nella sua identità. Man mano che la curva cresce, si passa attraverso quella che è l'accettazione, qualcuno la chiama apatia, rispetto al flusso turistico e poi arrivano l'irritazione e l'antagonismo. In questo momento siamo a cavallo delle ultime due fasi”. Un’irritazione che non dipende tanto dalla quantità delle persone ma dalla qualità dell’interazione. “I residenti si trovano esclusi da quelli che sono i luoghi dove sono cresciuti. Nel momento in cui una destinazione diventa incapace di gestire i flussi, succede che in città come Napoli una casa su tre venga destinata all'usufrutto turistico. Succede che i servizi calano perché autobus, taxi, metro sono sovraccarichi. Succede che la turistificazione porta a un innalzamento dei prezzi e il residente non riesce a mantenere gli standard di vivibilità”. Una situazione destinata a danneggiare il settore turistico stesso: “La qualità dell’esperienza del viaggiatore è alta solo se anche quella del residente lo è. Gli abitanti non possono essere esclusi dall’equazione” conclude il Ceo di Visit Italy. Questa fase pone davanti a due alternative: lasciare che tutto proceda senza direzione fino al declino della qualità dell’esperienza turistica e dei luoghi, o avviare una rigenerazione. Overturismo da problema a risorsa “Il problema non è il turismo, è come lo stiamo gestendo” sostiene Santopietro. “Dobbiamo rimettere la comunità al centro, rispettando la capacità di carico di una destinazione, migliorando i servizi e cercando di redistribuire i flussi sul territorio. Un esempio è quello che con Visit Italy stiamo facendo con il nord della Sardegna, in un progetto di destagionalizzazione e di depolarizzazione dei flussi dalla Costa Smeralda a favore dell'entroterra. Per farlo abbiamo solo amplificato il racconto e la narrazione di quelli che erano già i punti di forza di queste zone: eventi, cultura, identità, folklore. L'abbiamo fatto attraverso il racconto di una rassegna che oggi contiene oltre 100 eventi, come la Sagra del Carciofo, piuttosto che festival musicali che si tengono a ottobre. Siamo riusciti a portare flussi di americani in periodi di bassa stagione”. Il racconto delle località resta centrale. “Oggi è completamente lasciato al caso attraverso contenuti generati dagli utenti e pubblicati sulle piattaforme, che sostanzialmente si concentrano negli stessi luoghi dove c'è il problema. I social media però non vanno demonizzati perché possono essere una importante risorsa. Questa estate abbiamo lanciato per questo la campagna ‘99% of Italy’ in cui abbiamo girato video nelle città italiane più popolari e visitate: Firenze, Napoli, Roma, Cinque Terre e Venezia per sensibilizzare sull’overtourism proprio sui social e nei luoghi dove i turisti sono più concentrati per far notare loro quante cose dell’Italia ancora sono da scoprire” afferma Santopietro che ribadisce: “Mettiamo al centro la comunità con alla base una progettualità dei flussi e avremo un turismo sostenibile, inteso non solo in senso ambientale ma anche di equilibrio tra qualità della vita di un residente ed esperienza turistica. Per fare questo, non basta solo il marketing, è un insieme di sforzi, anche da parte delle istituzioni, per creare una regia, una governance che elabori un modello turistico in grado di rispettare le specificità del territorio”.

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Federica De Lillis