I manager italiani deludono metà dei lavoratori: per molti il voto è sotto al 6
CronacaSecondo un’indagine di Hays Italia, il 50% dei dipendenti boccia i propri manager, giudicati poco chiari, diffidenti ed egocentrici, con effetti negativi su motivazione e crescita. Solo uno su quattro si sente valorizzato per proattività e idee, mentre il 60% ritiene il capo limitante per lo sviluppo personale. La percezione peggiora con l’età: tra gli over 50, il 72% lamenta ostacoli alla propria evoluzione professionale
Empatico, autorevole, onesto e promotore di crescita. È questo il ritratto del manager ideale per i lavoratori italiani. La realtà, però, è molto diversa. La metà dei dipendenti boccia i propri capi, attribuendo loro un punteggio inferiore a 6. Molti li descrivono come poco chiari (38%), diffidenti (29%), non propensi a favorire la crescita professionale (26%) ed egocentrici (19%), tanto che due lavoratori su tre hanno lasciato almeno un impiego a causa del proprio responsabile. Questi sono alcuni dei dati emersi dall’analisi della società di recruiting internazionale HAYS Italia, che ha confrontato le aspettative verso i manager ideali con la realtà dei responsabili aziendali, intervistando un campione di oltre 500 lavoratori italiani.
Un divario tra aspettative e realtà
La realtà è ben lontana dalle aspettative. Solo un lavoratore su quattro si sente valorizzato per la propria proattività o per la capacità di proporre nuove soluzioni. I più si ritrovano invece in ambienti che premiano chi si conforma e chi mantiene un profilo basso. Dal sondaggio emergono anche differenze significative all’interno del campione: il 45% delle donne ritiene che il proprio manager si avvicini al modello ideale, contro appena il 35% degli uomini. La percezione cambia anche in base alla dimensione aziendale: il 58% dei dipendenti delle grandi imprese afferma di aver avuto almeno un manager nella sua carriera che rispecchiasse le caratteristiche del suo manager ideale, mentre nelle piccole imprese la percentuale si ferma al 47%.
Le criticità che frenano motivazione e innovazione
Il manager ideale descritto dai lavoratori è una figura che sa ascoltare, comunicare chiaramente, dare obiettivi stimolanti e creare un ambiente di fiducia. Tuttavia, per molti resta un miraggio. Il 60% degli intervistati sostiene che il proprio capo limiti lo sviluppo professionale, non favorendo né l’apprendimento né un ambiente che stimoli il contributo individuale. La percezione di quanto il proprio manager possa ostacolare la crescita professionale varia sensibilmente anche in base all’età: il 32% degli under29 ritiene che il proprio responsabile limiti molto o abbastanza la propria crescita, percentuale che sale al 72% tra gli over 50.
In generale, quasi la metà dei lavoratori italiani riferisce di non aver mai incontrato un responsabile capace di incarnare i tratti del leader desiderato.
Le dinamiche che demotivano i lavoratori
La percezione di essere frenati anziché guidati si riflette anche nelle dinamiche quotidiane. Secondo quanto emerso dall’indagine, i manager tendono a preferire chi segue le regole senza esporsi (38%), chi mostra affinità personale con loro (36%) o chi è sempre disponibile, anche oltre l’orario di lavoro (24%). Solo una minoranza sente di essere apprezzata per capacità di pensiero critico e autonomia. Una dinamica che mina non solo la motivazione dei singoli, ma anche l’innovazione e la crescita complessiva delle aziende.
I desideri dei dipendenti
L’analisi ha indagato anche i desideri espressi dei lavoratori. In cima ai pensieri non ci sono ambizioni irrealistiche o benefit aziendali. Il 20% vorrebbe poter dire ciò che pensa senza temere conseguenze, il 18% sogna di poter sostituire il proprio responsabile con sé stesso e l’11% auspica manager finalmente formati alla gestione delle persone. "I risultati di questa indagine mettono in evidenza quanto il ruolo dei manager sia oggi sempre più centrale non solo per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, ma soprattutto per il benessere e lo sviluppo delle persone”, ha dichiarato Alessio Campi, People & Culture Director di Hays Italia. “Il divario tra il manager ideale e quello reale non può più essere ignorato: i lavoratori chiedono empatia, ascolto, chiarezza e opportunità di crescita. In un contesto lavorativo in continua trasformazione, le aziende che sapranno investire nel coinvolgimento e nell’engagement dei propri dipendenti, offrendo spazi di crescita e motivazione, riusciranno ad attrarre, trattenere e valorizzare i talenti. L’engagement non riguarda solo la permanenza, ma la creazione di una cultura aziendale in cui le persone credono attivamente, si sentono valorizzate e sono pronte a dare il meglio di sé. È una sfida culturale prima ancora che organizzativa: mettere davvero le persone al centro significa oggi dotare i manager degli strumenti necessari per diventare veri facilitatori di crescita”.