Si rischia fino a 10 anni di prigione. La Cassazione rigetta il ricorso di un uomo condannato per aver estratto la chat della moglie. “Accesso abusivo a sistema informatico”
“Violare lo spazio comunicativo privato di una persona, abbinato ad un telefono cellulare nella sua esclusiva disponibilità e protetto da password, integra il reato di accesso abusivo a sistema informatico”. Un’accusa che prevede fino a 10 anni di reclusione. A stabilirlo la Cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato da un uomo condannato dalla Corte d’appello di Messina lo scorso dicembre perché aveva estratto alcuni messaggi dai telefoni dell’ex moglie per farli valere come prova a suo favore nella causa di separazione.
Reato di molestie telefoniche
La Corte di Cassazione ha ribadito che spiare i messaggi WhatsApp è un reato. In particolare, l'invio di messaggi molesti su WhatsApp può integrare il reato di molestie telefoniche. Inoltre, l'accesso non autorizzato a un sistema informatico, come un telefono, è un reato, e ciò comprende anche lo spiare messaggi. Due i telefoni della donna dai quali l’imputato avrebbe estratto le chat di WhatsApp e l’elenco delle chiamate effettuate e ricevute. Anche l’applicazione di messaggistica istantanea, sostiene la Corte di Cassazione , rientra nella “violazione del sistema informatico”.