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Graziano Mesina, l’ultimo bandito sardo: una vita tra evasioni e sequestri

Cronaca
©Ansa
Morto Graziano Mesina, l'ultimo bandito sardo
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Morto Graziano Mesina, l'ultimo bandito sardo
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Introduzione

Graziano Mesina, per tutti “Gratzianeddu”, è stato il volto più noto del banditismo sardo del dopoguerra. Conosciuto come l’uomo dei sequestri e delle evasioni, è stato anche il mediatore che contribuì alla liberazione del piccolo Farouk Kassam, e uno dei detenuti più noti a cui un presidente della Repubblica abbia concesso la grazia. È morto oggi all’età di 83 anni, dopo essere stato scarcerato per motivi di salute appena 24 ore prima.

Quello che devi sapere

Le origini a Orgosolo, il primo arresto a 14 anni

Nato il 4 aprile 1942 a Orgosolo, in Barbagia, Mesina era il penultimo di undici figli di un pastore. Come racconta nella sua autobiografia "Io, Mesina" (1993), in quarta elementare, dopo aver lanciato delle pietre contro il maestro, dovette lasciare la scuola e andare a lavorare come servo pastore. A soli 14 anni venne arrestato per porto abusivo di un fucile calibro 16 rubato. Nel maggio 1960 un nuovo arresto per aver sparato in luogo pubblico segnò la sua prima evasione: forzò la porta della camera di sicurezza e fuggì

Le origini a Orgosolo, il primo arresto a 14 anni

I primi reati gravi

Nel luglio dello stesso anno, mentre si trovava in carcere (dopo essersi costituito), venne ucciso il commerciante Pietrino Crasta. Una lettera anonima alla questura indirizzò la polizia al terreno per pascolo affittato dai fratelli di Mesina, dove fu ritrovato il corpo.  Giovanni, Pietro e Nicola Mesina e alcuni vicini furono arrestati. Nel gennaio 1961 fu scarcerato. A dicembre dello stesso anno, in un bar di Orgosolo, il pastore Luigi Mereu, zio di uno degli accusatori dei Mesina nella vicenda Crasta venne colpito da alcuni colpi di pistola e ferito gravemente. Mesina fu condannato a 16 anni per tentato omicidio

 

Evasioni e sequestri

Da qui inizia la lunga lista di nuovi arresti e evasioni, da quella in cui riuscì a togliersi le manette e scappare a bordo di un treno, a quella in cui si calò da un tubo dell'acqua dell'ospedale in cui si era fatto ricoverare da detenuto. L'11 settembre del 1966 dal carcere San Sebastiano una delle sue più note evasioni. Insieme a un giovane spagnolo disertore della Legione straniera, Miguel Alberto Asencio Prados Ponte, riuscì a fuggire scalando il muro del carcere alto 7 metri e lanciandosi nella centrale via Roma a Sassari, prendendo poi un taxi per arrivare a Ozieri. Nello stesso anno rapì il proprietario terriero Paolo Mossa, liberato dopo la promessa che avrebbe pagato il riscatto. Nel 1967, fingendosi poliziotto con Prados Ponte, rapì Peppino Capelli, un grosso commerciante di carni, liberato per 18 milioni di lire. Alla coppia furono attribuiti molti sequestri: Campus, Petretto, Moralis, Canetto, Papandrea. Prados Ponte morì in uno scontro a fuoco, mentre Mesina continuò tra arresti e fughe

Evasioni e sequestri

La mediazione nel caso Farouk

Nel 1992, Mesina ottenne la libertà condizionale dopo 29 anni di carcere e si trasferì a San Marzanotto, una frazione di Asti. Nel 1992, durante la vicenda del sequestro del piccolo Farouk Kassam, rapito a gennaio a Porto Cervo, intervenne come mediatore in Sardegna durante uno dei suoi permessi, nel tentativo di trattare la liberazione con il gruppo di banditi sardi responsabili del sequestro del bimbo. Farouk fu liberato a luglio, in circostanze mai del tutto chiarite. Mesina sostenne che fosse stato pagato un riscatto di un miliardo di lire, tesi smentita dalle autorità

La grazia e il ritorno alla vita civile

Il 4 agosto 1993 il tribunale gli revocò la libertà condizionale a causa del ritrovamento di armi da guerra nel suo caseggiato astigiano, arrestandolo insieme ad altre due persone. Sospettato di progettare nuovi sequestri, venne riportato in carcere a Voghera per una condanna all'ergastolo. Nel 2001 il tribunale di Asti respinse la richiesta di scarcerazione presentata dai difensori di Mesina. Il pastore-bandito sardo è stato un caso particolare nella storia giuridica italiana, avendo ricevuto la condanna per tre diverse condanne rispettivamente di 24, 8 e 6 anni di carcere, in applicazione della legge che prevede il cumulo delle pene per reati differenti. Nel luglio del 2003 chiese ufficialmente la grazia, che gli venne concessa un anno dopo dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi su impulso del ministro della Giustizia Roberto Castelli. Tornò a Orgosolo, fece la guida turistica e nel 2007 aprì un'agenzia di viaggi a Ponte San Nicolò, in provincia di Padova

La grazia e il ritorno alla vita civile

Nuove accuse

Nel 2013 fu arrestato a 71 anni: secondo gli inquirenti stava progettando un sequestro e guidava una banda dedita al traffico di droga, furti e rapine. Fu condannato a 30 anni dal tribunale di Cagliari. La grazia venne revocata.
Scarcerato il 7 giugno 2019 per decorrenza dei termini, il 2 luglio 2020 i carabinieri si recarono nella sua abitazione a Orgosolo per notificargli la condanna definitiva, ma non lo trovarono. A inizio febbraio 2021 venne inserito dal ministero dell'Interno nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità. Nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 2021, i carabinieri del Ros e del Gis lo trovarono in un'abitazione di Desulo e lo portarono nel carcere di Badu 'e Carros. In seguito fu trasferito a Opera, a Milano. Carcere che ha lasciato ieri dopo che era stata accolta l'istanza di differimento pena per motivi di salute presentata al tribunale di sorveglianza di Milano dalle avvocate, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier

Nuove accuse