Processo morte Saman Abbas, il fratello: "Buca scavata da zio e cugini"

Cronaca

In aula a Bologna la testimonianza del fratello minore della vittima, Ali Heider, che all'epoca dei fatti aveva 16 anni. Saman Abbas, 18enne di origine pakistana, venne uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2022

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È ripreso nell'aula della corte d'Assise e d'appello di Bologna il processo per la morte di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2022.

La testimonianza del fratello

A testimoniare in aula è stato il fratello minore della vittima, Ali Heider, che all'epoca dei fatti aveva 16 anni. Il ragazzo ha spiegato di aver visto la buca nella quale era stata seppellita la sorella "sui giornali" e quando la rappresentante dell'accusa gli ha chiesto chi avesse scavato quella fossa, il ragazzo ha risposto dicendo che era opera dello "zio Danish e dei cugini Ikram e Nomanhulaq". Quando il presidente della Corte d'Assise e d'Appello, Pasquale Domenico Stigliano, gli ha chiesto come facesse a saperlo, il giovane ha spiegato che un giorno era andato "con lo zio Danish davanti al negozio di Bartoli" (il titolare dell'azienda per la quale lavoravano i familiari di Saman, ndr.)  dove c'erano anche i cugini e lo zio poco dopo lo aveva rimandato a casa, spiegandogli che i tre dovevano "andare a pulire i tubi", un lavoro extra chiesto dalla moglie del titolare dell'azienda agricola di Novellara per la quale lavoravano i familiari di Saman.

"Saman è in paradiso"

Il fratello di Saman è stato il testimone chiave che ha portato alla condanna in primo grado all'ergastolo il padre e la madre di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, e a 14 anni lo zio della ragazza, Danish Hasnain. I tre imputati sono arrivati in Tribunale su mezzi della polizia penitenziaria e la mamma, in abiti tradizionali e con il viso coperto da una mascherina, si è avviata verso l'aula Vittorio Bachelet, dov'è in corso il processo, a capo chino. Durante la sua testimonianza Ali Heder ha precisato che dopo la scomparsa di Saman "ho chiesto diverse volte ai cugini Ikram e Nomanhulaq e allo Zio Danish dov'era mia sorella, ma ogni volta che iniziavo a piangere mi dicevano di stare zitto" finché una volta "mi hanno risposto che non me lo potevano dire, ma che non mi dovevo preoccupare perché là dov'era stava bene, che era in paradiso". 

Le pressioni dei parenti

Sempre secondo quato racconta il fratello di Saman, prima della morte della ragazza, i genitori hanno ricevuto diverse volte la visita di parenti, come Fatar, fratello del padre della ragazza, e Harfan che davano loro dei consigli sul comportamento della figlia 18enne. "I parenti - spiega Ali Heider - venivano ogni giorno a casa a dare questi consigli" e parlavano di "onore", dicendo: "Una ragazza che scappa di casa perde l'onore". E dissero anche, racconta, "noi l'avremmo fatta fuori, l'avremmo già ammazzata se fosse stata nostra figlia". Loro, spiega il ragazzo, "pressavano i miei genitori". Alle conversazioni erano presenti anche lo zio e i cugini di Saman, ma i parenti in visita "si rivolgevano soprattutto ai miei genitori", precisa il fratello di Saman.

"A casa decideva papà"

"A casa le decisioni importanti le prendeva il papà e si confrontava con altri uomini della famiglia. Mia mamma non poteva parlare", ha detto il fratello di Saman Abbas. "Non sono mai stato picchiato da mia mamma e nemmeno Saman - ha aggiunto in aula il ragazzo - Non sono mai stato rinchiuso da mia mamma e ho sempre avuto un bel rapporto con lei e anche mia sorella ha sempre avuto un bel rapporto con mia mamma". 

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