Ritratto di Nazia Shaheen, la madre di Saman che accompagnò la figlia a morire

“Ha dimostrato di serbare intatti quella freddezza e quel distacco assoluti nei confronti delle sorti della figlia”, così scrissero i giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia che nel dicembre 2023 condannano in primo grado lei e il marito all’ergastolo per l’omicidio della figlia Saman. Una personalità “ferma e risoluta” si legge nelle 600 pagine delle motivazioni della sentenza. Il ritorno Nazia Shaheen, 51 anni, dopo una lunga latitanza, è da mercoledì 28 agosto nel carcere di Reggio Emilia. Estradata dal Pakistan il 22 agosto e detenuta a Roma a Rebibbia, si trova ora a pochi chilometri dal marito, Shabbar Abbas, ristretto nel penitenziario di Modena. I due, insieme allo zio di Saman, Danish Hasnain, condannato a 14 anni di reclusione, sono ritenuti i responsabili dell’assassinio della 18enne. Assolti dalla Corte i due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanoulaq, per non avere commesso il fatto. La ricostruzione del caso La storia di Saman ha scosso l’intera comunità di Novellara a Reggio Emilia e riportato l’attenzione sulla condizione delle donne in determinati contesti culturali e sociali. I genitori decidono un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan, ma lei si oppone. Vuole vivere libera Saman, che nell’estate del 2020 ancora minorenne scappa di casa per un breve periodo e va in Belgio. I genitori la convincono a tornare e in seguito all’intervento dei servizi sociali è ospite di una comunità per minori. Che pochi mesi dopo, raggiunta la maggiore età, lascia volontariamente e torna dai genitori a Novellara per recuperare i suoi documenti e trasferirsi dal fidanzato. E la sera del 30 aprile 2021 sta per andarsene. Per questo, scrivono i giudici, e non per il rifiuto al matrimonio combinato, è stata uccisa. Per i familiari di Saman “ciò che contava era dissuaderla dall’andare nuovamente via di casa, non chi si sposasse” e “la sciagurata ed estrema soluzione è stata adottata perché ci si trovava di fronte al pericolo di una nuova fuga della ragazza, ossia il rischio da loro più temuto, in quanto maggiormente disapprovato”. Nella sentenza in merito al fattore culturale si aggiunge che “è indiscusso che non sussista in Pakistan una norma giuridica che autorizzi o vincoli a condotte siffatte, che peraltro da pochi anni sono anche lì espressamente sanzionate. Tuttavia resta un drammatico dato di fatto - peraltro immutato anche nei tempi più recenti – quello secondo cui la pratica dei delitti d’onore rappresenta un fenomeno endemico nel Paese, che conta il numero pro capite più elevato al mondo di delitti d’onore documentati”. "Sconfortante certezza" Nazia Shaheen “con sconfortante certezza” la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 ripresa dalle videocamere di sorveglianza ha accompagnato “letteralmente la figlia a morire” secondo i giudici che non escludono “sia stata lei l’esecutrice materiale dell’uccisione della figlia.” Sono “eloquenti ed espressive” le immagini di Nazia che “in modo fermo e risoluto, bloccando con un gesto il marito si inoltra sulla carraia con Saman”. Tra Italia e Pakistan Tre anni di latitanza, Nazia è stata arrestata lo scorso 31 maggio. La fuga in Pakistan la mattina dopo l’omicidio con il marito, catturato il 15 novembre 2022 e poi, malgrado si sia opposto, estradato. “Lei non ha contestato la procedura di estradizione e dichiara di volere seguire le tracce della figlia in Italia. Viene per difendersi”: queste le parole di Akhtar Mahmood, suo avvocato in Pakistan. Nella documentazione dell’estradizione risulta che Nazia Shaheen avrebbe accettato perché in Italia “ci sono anche il marito e il figlio”. È il Procuratore di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci, a spiegare che nel corso della procedura la madre di Saman ha respinto la propria responsabilità e quella del marito nell’omicidio della figlia. La attribuisce ad altri parenti. Sulla notte in cui sua figlia è stata strangolata e sepolta in un casolare abbandonato nella campagna di Novellara, vuole fornire la sua versione dei fatti. In autunno in Corte d’Assise d’appello a Bologna è previsto il processo di secondo grado.