Sesso è potere: chi detiene il potere in Italia?

Il 65% delle posizioni di potere in Italia è occupato da uomini: lo rivela l’ultima edizione di “Sesso è potere”, il report realizzato dalle associazioni info.nodes e onData per approfondire ogni anno le diverse opportunità di accesso ai ruoli di comando per cittadini e cittadine. L’analisi si basa sui dati, resi pubblici e accessibili online, da governo, parlamento, amministrazioni regionali, società quotate in borsa, ambasciate, gruppi bancari, atenei, enti di ricerca, autorità indipendenti, testate giornalistiche e agenzie di stampa. I settori più critici restano il mondo dell’impresa e quello dei media: nelle prime 50 aziende per capitalizzazione quotate alla borsa di Milano, infatti, troviamo solamente due amministratrici delegate e nelle 40 società partecipate o controllate dal Ministero per l’Economia e la Finanza solo sei. Alla guida dei telegiornali italiani non c’è nessuna direttrice: nei quotidiani, sono solo due. Dalla politica ai media, passando per la società e l’economia I numeri riportati nel report restituiscono la presenza femminile nel panorama politico, economico e mediatico nazionale sulla base del sesso. Come hanno precisato infatti gli autori e le autrici della ricerca “abbiamo lavorato osservando la variabile del sesso, e non del genere, così come dice il titolo del rapporto, perché non ci sono abbastanza dati nemmeno su questo fronte: indagare la specificità del genere vorrebbe dire avere la possibilità di fare un'inchiesta interpellando ciascuna persona nelle posizioni di potere e chiedere quale sia il genere in cui si riconosce. Pur considerando questa possibilità, al momento non l'abbiamo percorsa”. "Negli ultimi anni non è insolito leggere commenti online di persone che negano’ l’esistenza di disparità strutturali che impediscono alle donne di occupare posizioni di potere”, ha spiegato Donata Columbro, giornalista e attivista di onData. “Se abbiamo una donna premier tutto è possibile, se abbiamo una scienziata italiana nello spazio il soffitto di cristallo è abbattuto, e così via. In realtà, anche solo il dato sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro potrebbe darci risposte utili, ma possiamo appunto andare oltre”. Solo il 15% dei comuni è guidato da una sindaca Le donne in politica in Italia restano una minoranza e nessun ente fa eccezione. Le giunte e i consigli comunali vedono rispettivamente il 41,6% e il 34,9% di presenza femminile: i comuni che hanno eletto più assessore e consigliere sono Valle d’Aosta , Emilia Romagna e Toscana . In fondo alla classifica, per numero di elette a livello comunale, troviamo Puglia , Sicilia e Campania . Il dato più sconfortante resta però quello che riguarda la massima carica elettiva a livello comunale: le sindache rappresentano infatti solo il 15% del totale. A livello regionale, la presenza femminile scende ulteriormente: 27,6% nelle giunte e 25,2% nei consigli. Su venti regioni, solo due sono guidate da una presidente: è il caso della Sardegna, con Alessandra Todde e dell'Umbria, con Stefania Proietti. L’Umbria è anche la regione che ha eletto più donne , seguita da Lazio e Toscana . Al contrario, Basilicata , Molise e Valle d’Aosta registrano le percentuali più basse nei governi regionali. “Paradossalmente, ci viene difficile trovare dei messaggi nuovi e originali per accompagnare l’uscita di questa edizione del report” ha commentato Davide Del Monte, presidente e fondatore di info.nodes. “La situazione rimane infatti immutata rispetto alle edizioni precedenti: in tutti gli ambiti analizzati, il potere si declina quasi esclusivamente al maschile”. La politica nazionale non fa eccezione: confrontando i dati del 2023 con quelli del 2025, l’aumento di donne alla guida del Paese è minimo, pur avendo l’Italia un presidente del Consiglio donna. Oltre alle principali cariche politiche nazionali e internazionali, il report ricorda anche che dei 24 Ministeri di cui è composto il governo, 18 sono amministrati da uomini e soltanto 6 da donne . La Presidenza del Consiglio, inoltre, conta ancora cinque sottosegretari, tutti uomini. Poche amministratrici delegate alla guida delle principali imprese italiane Per analizzare la situazione all’interno delle principali imprese italiane, gli autori e le autrici del report hanno preso come riferimento le società controllate o partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e le imprese a maggiore capitalizzazione quotate alla borsa di Milano . Nel primo caso, la presenza di amministratrici delegate è del 17,6% ed è prevalente nelle società non quotate. Nel secondo, gli uomini ricoprono posizioni apicali in 48 casi su 50, con una presenza femminile pari dunque al solo 4%. Percentuali simili si registrano anche tra i principali gruppi bancari e nelle più importanti aziende tecnologiche italiane selezionate tra quelle che fanno parte di Euronext Tech Leaders, un segmento borsistico dedicato alle aziende attive nel settore tecnologico che raggruppa più di 100 società ad alta crescita in Europa. Più in generale, le principali società italiane sono ben lontane dal rispettare la direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società adottata dal Consiglio dell’Unione europea nel 2022 e che impone alle aziende quotate di avere almeno il 40% di donne nei loro consigli. A livello di presidenza dei consigli delle 50 società italiane a maggiore capitalizzazione, la percentuale è infatti del 18%. La situazione nei media nazionali Nel settore dei media, di questo passo, la parità di genere nei ruoli di leadership verrà raggiunta nel 2074: è la previsione che ha avanzato il Reuters Institute nella sua ultima indagine “Women and leadership in the news media”, realizzata in 10 Paesi di tutto il mondo. In Italia, forse dovremo aspettare ancora qualche anno o decennio in più: alla guida dei principali quotidiani nazionali, infatti, ci sono solo due direttrici , mentre a dirigere i telegiornali non c’è nessuna donna. L’unico dato incoraggiante viene dalle agenzie di stampa, dove la parità è quasi stata raggiunta. A rendere il settore dei media uno dei più difficili per le donne ci sarebbero le molestie, ricatti e abusi: secondo una ricerca della Federazione Nazionale Stampa Italiana realizzata nel 2019, l’85% delle giornaliste ha dichiarato di aver subito molestie sessuali almeno una volta nella propria carriera, mentre il 3% ha subito uno stupro e l’8% una tentata violenza sessuale. La situazione risulta particolarmente critica già all’interno delle scuole di giornalismo riconosciute dall’ordine, come ha rivelato una recente inchiesta pubblicata da IrpiMedia. A tutto questo si aggiunge la precarietà economica e il gender pay gap che, come ricordano i recenti dati Istat, colpisce con più ferocia le professioniste più istruite: a quanto riportato da Inpgi, infatti, il divario di genere nella retribuzione è del 15% tra le partite Iva e del 18% tra chi ha un contratto. La retribuzione media dei giornalisti contrattualizzati è di 64.770 euro l’anno per gli uomini contro i 53.078 euro per le donne. Un ateneo su 5 è diretto da una rettrice Il report include infine anche le percentuali di donne alla guida di atenei, autorità indipendenti ed enti di ricerca pubblici. I dati migliori vengono dalle autorità indipendenti riconosciute dal Senato della Repubblica, ma non per questo sono positivi: 8 sono infatti presiedute da uomini e solo 3 da donne. Le autorità “al femminile” sono quella per l’infanzia e l’adolescenza, la Commissione di Garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e l’Ufficio parlamentare di bilancio. Per quanto riguarda gli enti di ricerca pubblici, la situazione è simile: 11 sono diretti o presieduti da uomini e solo il 21,4% sono affidati a una guida femminile. Infine, un ateneo su 5 è retto da una donna, nonostante il settore educativo sia composto prevalentemente da professoresse, insegnanti e maestre.

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