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Morte Saman Abbas, processo d’appello. Nella prossima udienza sarà riascoltato il fratello

Cronaca
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Novellara, corteo silenzioso in ricordo di Saman Abbas
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Novellara, corteo silenzioso in ricordo di Saman Abbas
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A Bologna il processo per l’omicidio della 18enne pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021. Imputati i genitori della giovane, condannati in primo grado all’ergastolo, e lo zio, che si è visto comminare 14 anni grazie ad alcune attenuanti generiche. I due cugini erano stati assolti e scarcerati. La Corte ha deciso che il 6 marzo sarà ascoltato come testimone il fratello della vittima, minorenne all'epoca dei fatti. Sarà anche proiettato un video realizzato dagli inquirenti

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È iniziato oggi il processo alla Corte di assise di appello di Bologna per l’omicidio di Saman Abbas, la diciottenne pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) nella notte tra il 30 aprile e l’1° maggio del 2021. Sono imputati Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, i genitori della ragazza, condannati all'ergastolo dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia. La madre è stata estradata in Italia lo scorso 22 agosto e non ha partecipato al primo grado di giudizio, mentre il padre è stato consegnato dal Pakistan a processo in corso. Imputato anche lo zio Danish Hasnain, condannato a 14 anni in primo grado dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia grazie ad alcune attenuanti generiche, come l'aver  indicato il luogo dove era stato sepolto il corpo della giovane, mentre i due cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, accusati dalla procura e dai carabinieri per aver agito in concorso con gli altri familiari, sono stati assolti e scarcerati.

Sarà riascoltato il fratello

Oggi è stato deciso che nella prossima udienza, il 6 marzo, sarà riascoltato in qualità di testimone il fratello di Saman Abbas, minorenne all'epoca dei fatti. La Corte di assise di appello di Bologna ha quindi sciolto la riserva sulle richieste istruttorie della Procura generale. Il giovane in primo grado aveva accusato i familiari imputati, ma la Corte di Reggio Emilia aveva sostanzialmente valutato come inattendibili molte delle sue dichiarazioni. Sempre nell'udienza del 6 marzo sarà proiettato in aula un video realizzato dagli inquirenti che mette in fila una serie di sequenze riprese dalle telecamere nei giorni del delitto.

Il processo

In questo secondo grado di giudizio la procura non sembra aver cambiato il proprio obiettivo, cioè quello di dimostrare la validità dell’impianto accusatorio originario per tutta la famiglia di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, oltre al concorso nella soppressione del cadavere. Come evidenzia la Gazzetta di Reggio, la questione ruota intorno alla premeditazione e ai futili motivi, non ravvisati nel primo grado. Se a padre e madre di Saman è già stato comminato il massimo della pena, basterebbe il riconoscimento di una delle due aggravanti (come ad esempio la premeditazione, un punto che secondo l’accusa lega tutti i coinvolti) per peggiorare la posizione dello zio Danish Hasnain, che gode di una pena più lieve. Dal canto loro, invece, le difese puntano a ridurre le pene.

Niente telecamere in aula

Pur "dando atto della rilevanza sociale del processo" sull'omicidio di Saman Abbas, la Corte di assise di appello di Bologna ritiene che "il diritto di cronaca e informazione può essere adeguatamente esercitato dall'assicurata presenza in aula dei giornalisti, anche senza telecamere". E quindi "non autorizza l'ingresso di qualsivoglia telecamera in aule e fa divieto di fare riprese", è stato scritto nell'ordinanza letta questa mattina dal presidente Domenico Stigliano che poi

ha chiesto alle forze dell'ordine presenti di controllare il rispetto della disposizione data.

Approfondimento

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La vicenda

La vicenda di Saman Abbas era iniziata tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 quando la giovane, arrivata in Italia nel 2016, era scomparsa: a informare i carabinieri era stato il fidanzato Saqib, osteggiato dalla famiglia. Dopo la scomparsa, era emerso che la giovane pakistana era stata presumibilmente uccisa dai familiari per essersi opposta alle nozze forzate con un cugino in patria. La vicenda, però, era iniziata già circa un anno prima, quando Saman, ancora diciassettenne, si era rivolta ai servizi sociali per denunciare i genitori per maltrattamenti e per il reato di induzione al matrimonio. La giovane non voleva accettare le nozze combinate, decise dalla famiglia, con un cugino in Pakistan e si rifiutava di indossare il velo islamico. La ragazza, quindi, era stata portata in una struttura protetta per minori fino all’11 aprile 2021, quando era tornata a casa per recuperare i documenti e il passaporto. Su insistenza della madre, la diciottenne era quindi tornata a casa, salvo poi rivolgersi nuovamente ai carabinieri, il 22 aprile, per denunciare il sequestro dei documenti da parte dei genitori.

La fuga dei parenti, poi le condanne

Dopo la notte del 30 aprile, cioè dopo l'omicidio della giovane, i suoi parenti fuggono. Lo zio e due cugini vengono catturati tra settembre 2021 e febbraio 2022 rispettivamente a Parigi e Barcellona. I genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, restano latitanti anche quando l’intera famiglia viene rinviata a processo nel maggio 2022. Il 15 novembre 2022 il padre di Saman, Shabbar Abbas, è stato trovato in Pakistan e sottoposto all'arresto provvisorio per l'omicidio, il sequestro di persona e la soppressione del cadavere della figlia. Viene estradato in Italia appena poche settimane prima del ritrovamento dei resti umani di Saman a inizio 2023 in un casolare abbandonato di Novellara, grazie alle indicazioni dello zio. Il processo davanti alla Corte di Assise di Reggio Emilia si conclude il 19 dicembre 2023 quando, dopo oltre 4 ore di camera di consiglio, viene dato l’ergastolo ai genitori, 14 anni allo zio e assolti i cugini per i quali viene ordinata l'immediata liberazione. Soltanto il 31 maggio 2024 viene arrestata in Pakistan Nazia Shaeem, madre di Saman, condannata all’ergastolo in contumacia: dopo una latitanza durata quasi 3 anni viene estradata in Italia ed è ora nel carcere di Reggio Emilia. 

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