"Trattate come schiave": Sara e Aurora, morte nella fabbrica abusiva

Morire di lavoro. Lavorare materiale pericoloso in casa, i fuochi d’artificio, per mantenere la famiglia. Poi accettare condizioni afflittive, andare a vivere vicino alla fabbrica abusiva, in una casa definita come invivibile, stare in quella fabbrica clandestina, una baracca di ferro, dalla mattina fino alle sette di sera, a maneggiare materiale pericoloso, e morire in un’esplosione. Aurora e Sara Esposito, gemelle, avevano 26 anni, sono morte il 18 Novembre insieme a Samuel Tafciu, un altro giovanissimo operaio di appena 18 anni. Aurora lascia una bimba, Samuel aveva un bimbo. Non ha lasciato loro scampo, l’esplosione della fabbrica e stoccaggio abusivi di Ercolano, in provincia di Napoli. Sembrano storie di metà Ottocento, ma sono storie dal Ventunesimo secolo. Per la loro morte, è accusato Pasquale Punzo, che si era presentato alle due gemelle come un commerciante, imprenditore, “benefattore”, raccontano tra le lacrime le sorelle di Sara e Aurora, che non smettono di accarezzare le foto delle vittime. E non è vero, come era emerso in un primo momento, che era il loro primo giorno di lavoro. Da mesi, quasi un anno, le due ragazze lavoravano in condizioni di estremo sfruttamento, uno scenario che chiama in causa anche altre persone e altri sfruttati: è la denuncia di Giusy ed Emanuela, le sorelle maggiori di Aurora e Sara. Giusy, da quanto tempo le tue sorelle lavoravano per Pasquale Punzo? Da maggio scorso. In passato, avevano fatto altri lavori, come l’impresa di pulizie, commessa, badante. Mia madre non era più in grado di lavorare e allora erano loro a mantenere la famiglia. Sono donne sole. Lui è entrato nelle loro vite presentandosi come un benefattore, come qualcuno che voleva aiutarle. Diceva che non c’era pericolo, che era tutto legale e dichiarato, niente di illegale, le sorelle e mia madre gli hanno creduto. Io non ero d’accordo, perché vedevo comunque un pericolo nel lavorare quel materiale, in questi mesi ho litigato più volte anche con lui. Inizialmente lavoravano a casa, a Marigliano : lui portava questo materiale in grandi sacchetti, loro guadagnavano 20-25 euro al giorno. Metteva anche fretta per finire il lavoro, ma il fuoco era tanto e a volte dovevano lavorare anche fino a tarda sera per terminare secondo le consegne che lui dava. Poi, a un certo punto, Aurora, Sara e vostra madre si trasferiscono a Napoli? Sì, lui diceva loro: trasferitevi a Napoli, ho degli appartamenti, così non vengo a portarlo fin qui. Secondo me non voleva rischiare di essere fermato. E così è andata, si sono lasciate convincere. Circa un mese fa si sono trasferite nell’area orientale, nel quartiere Ponticelli, ma non era una casa, era una baracca. Non c’era la cucina, il bagno senza discarico, l’impianto elettrico è stato rifatto dal mio compagno perché non c’era nemmeno la luce. Punzo andava a prendere le due gemelle, le portava in quest’altra baracca adibita a fabbrica, e la sera le riportava in quella casa. Erano circa 25 giorni che andavano a lavorare lì, fino a quel lunedì maledetto dell’esplosione. Pensi che non avevano nemmeno il bagno, ho un video nel quale una delle due gemelle mostra che deve fare la pipì in un secchio. A lei quella situazione non piaceva. Assolutamente no, ho battagliato, ma non è servito. Loro per ingenuità e per necessità hanno accettato. Noi ci siamo sempre aiutate in famiglia, ma anche noi abbiamo famiglia da mantenere, il bisogno era tanto. Ma questo “fuoco” non veniva portato solo a loro: c’erano altre persone alle quali veniva portato, e lui se ne vantava persino. Poi aveva anche un socio. Chi era questa persona? Non conosco il cognome, ma so che si chiama Enzo. L’ho visto una sola volta, ma se dovessi rivederlo sarei in grado di riconoscerlo. Anche lui portava il “fuoco”, lo portava sia a casa, sia nella baracca di Ercolano dove poi lo stavano lavorando in un secondo momento. E quel lunedì maledetto una delle due gemelle ha chiamato mia madre, preoccupata, dicendole che aveva portato della polvere, un tipo diverso che non avevano mai maneggiato. Era stoccata in bottiglie di detersivo. Aurora e Sara avevano tutta la vita davanti: qual è il vostro appello? Emanuela: Devono pagare. Le nostre sorelle non ci sono più per colpa loro. Sono state trattate come schiavi, sono morte peggio degli schiavi. Hanno abusato della loro fiducia, del loro bisogno. Non è giusto. Noi siamo devastate. Ma lo Stato come ha potuto permettere tutto questo? Giusy: Ho saputo che la baracca dove producevano questi fuochi è intestata a una minorenne, ma come è possibile? Io non mi fermerò fino a che non avrò giustizia, parlo a nome nostro ma anche per tanti ragazzi che si trovano nelle stesse condizioni di sfruttamento. Le mie sorelle erano belle, buone, solari, amavano la musica, la famiglia, avevano valori, volevano solo la dignità di un lavoro. Per me erano come delle figlie. Io non so come potremo fare ad andare avanti, in tutta onestà, non lo so.

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